Falezze

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La forza oltre il limite

Scegliere di conoscere sé stessi è un atto di coraggio intenso. Scegliere di guardarsi, con l’onestà di un nudo e la forza di una battaglia senza sconti, è qualcosa di imprescindibile per la crescita umana, per quel percorso direzionato in salita e posto sotto i piedi delle persone che osano vivere la loro carne. La capacità di assumersi il proprio essere e di raccogliere l’energia per saltare le proprie fosse o per attraversare i propri tunnel oscuri, è la vera forza dell’essere umano, troppo spesso confusa con la corazza di un superuomo dal battito tiepido e, in realtà, flebilissimo. I limiti.

I limiti, quelle cose che rendono la camminata troppo poco fluida per l’imposizione sociale e che costringono a guardarsi intorno, fino a posare gli occhi su un sé delicato, fragile e, poi, sulla forza del proprio desiderio. Eppure, c’è qualcuno che, i limiti, li ha usati come strumento per saltare ancora più avanti, trovando l’energia e la forza di superarsi.

È importante vedere i tuoi limiti – afferma Luca Anselmi, proprietario dell’azienda Falezze, in Valpolicella – perché ti permettono di vedere la tua forma, da lontano”.

La complessità di pensiero che dimora in queste parole è pari a quella dell’avventura in cui lui Luca Anselmi di Falezze ha voluto addentrarsi. Senza paura? Chi può dirlo. Forse la paura l’avrà anche avuta mentre si faceva carico dell’azienda vitivinicola di famiglia, mentre affermava i propri passi dentro mille progetti, mentre si iscriveva alla facoltà di Biologia Molecolare al termine degli studi come Perito Agrario. Ma la paura non è stata l’obiezione, la paura non è stata il freno. Quei limiti, invece, proprio loro, proprio quelli sono stati il motore per sentire più vivo il desiderio. Per sentirlo ardere e capire che nulla poteva essere più forte di esso, neppure i limiti. Il desiderio di vivere ha mosso i passi di ogni giorno e ha permesso di osservare il moto irrequieto della vita anche attraverso un vetrino di un microscopio, fino a “perdere due diottrie”, come racconta lui stesso.

 

 

E pure questo non era abbastanza. Laureatosi in Biologia Molecolare, Luca ha poi conseguito la specialistica in genomica funzionale con tesi sperimentale sul“Oenococcus Oeni”  e successivamente, nel 2018, ha ottenuto l’abilitazione come biologo nutrizionista. Non soddisfatto, il suo presente è oggi tessuto con le fibre dei numerosi progetti che condivide con la moglie Sofia Kherkeladze, come la produzione di un olio a base interamente di Grignano – cultivar autoctona e solitamente utilizzata in blend – oppure la grappa di Amarone racchiusa in bottiglie di vetro di Murano con etichette artistiche una diversa dall’altra. Si tratta di vere e proprie opere d’arte realizzate dalla moglie Sofia, diplomata presso l’accademia delle Belle Arti di Brera.

Ognuna di esse è ispirata a una donna, per la precisione a una Dogaressa, ossia la moglie del Doge. Con questa serie di etichette Sofia ha voluto approfondire non solo l’identità di donne che la storia ha forse dimenticato in favore della supremazia maschile, ma anche la figura della donna in scala più ampia e più profonda. Una figura quanto mai attuale e complessa. Complessa come la vita che Luca ama vivere ogni giorno, complessa come l’anima dei vini che lui produce, complessa come la scelta di fare un passo in avanti, un altro ancora, nonostante tutto e contro ogni intemperia. Complessa come la capacità di vivere lasciandosi turbare da ogni tipo di desiderio, procedendo lungo una salita tanto impervia quanto meravigliosa. Senza sosta, perché per certe persone il traguardo è solo la linea di partenza per un’altra corsa.

Amarone della Valpolicella DOCG 2010

Naso intricato, forse più di quanto appaia di primo acchito. Si compone di una trama scura e fitta, che riporta al bosco, alla terra, al caffè, alla liquirizia e alla mora, senza scordare un timbro speziato di bacca di ginepro e uno più accondiscendente di vaniglia, seppur con il dondolo penetrante di una nota vegetale che vira verso qualcosa di mentolato. Il sorso è accogliente, morbido, composto in un equilibrio millimetrico entro il quale è difficile trovare qualcosa fuori posto. La freschezza c’è, ma ha ceduto la responsabilità del nerbo al tannino, che nonostante una buona maturità è ancora ben ruvido e dotato di spina dorsale. Un sorso lungo, che si fa ricordare.

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