Bricco Rocche

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L’unione tra l’aria e il suolo, la terra ed il cielo, tra le vigne e l’arte 

L’azienda Bricco Rocche si trova in una posizione oserei dire eccellente, una visuale a 360 gradi con l’occhio sulle vigne più prestigiose degli 11 comuni di Barolo. Quella di Castiglione Falletto, dell’azienda Bricco Rocche, è una panoramica suggestiva, paragonabile ai primi incontri, quando l’imbarazzo, la timidezza e il desiderio di conoscersi fanno guardare al futuro senza timori, senza suppellettili e costrizioni. 

Uno sguardo sulle morbide e generose colline di Castiglione Falletto: Il progetto di Valerio Berruti, un’opera d’arte posta in giardino all’ingresso dell’azienda, rappresenta una figura fanciullesca con lo sguardo rivolto all’orizzonte. 

Così lo sguardo di questo fanciullo ingloba l’orizzonte, guardando al futuro con speranza e purezza

Un’ulteriore installazione in cantina, quella di Luca e Marina Deabate, che porta ad un’interpretazione d’impatto: un cubo di vetro che vuole custodire al suo interno le memorie e il passaggio dell’uomo, il mutare del tempo e l’evoluzione della natura. 

Bricco Rocche

Bricco Rocche, Luca e Marina Deabate – Il Cubo

Forse sapete già del triangolo “uomo, terra, clima” e dell’influenza di un elemento sull’altro. Qui, all’interno del cubo invece gli elementi sono quattro, quattro punti cardinali complessi: la territorialità, il Sapere dell’uomo, l’imprevedibilità della natura e l’unione tra un passato e un futuro che alle volte sembrano più vicini di quanto la frenesia del tempo faccia pensare al contrario. 

Noi siamo ciò che eravamo e ciò che saremo

Ceretto possiede una storia lunga e ben radicata nel panorama della Langhe – Bricco Rocche, nello specifico, nasce nel 1982 come luogo per le vinificazioni dei cru del Barolo. 

Il passaggio dagli anni settanta in cui Alba era popolata dal folclore dei “bacialè”, gli intermediari del sodalizio tra che mettevano in contatto il produttore, agli anni in cui era il Dolcetto il vino di punta e il Barolo veniva “omaggiato”, ad oggi dove il prezzo del Barolo è assoggettato al produttore, il passo è stato repentino. L’importante però è non dimenticare mai da dove si è partiti e ricordarsi che il contatto con la terra è il legame più forte che possa esistere.

Uno dei momenti più rappresentativi dell’azienda fu l’ingresso, nei primi anni del 2000, di Alessandro Ceretto, (figlio di Bruno Ceretto) il quale decide di convertire l’azienda al metodo Rudolf Steiner e alla biodinamica. 

La conversione su quasi tutte le tenute non è semplice: novanta gli ettari in biodinamico, con inerbimento a filare alternato (erbe da sovescio per l’ossigenazione del terreno); utilizzo di zolfo e rame (nei limiti consentiti) e di preparati biodinamici; letame 500 e 501 “letami di Castelmagno” di qualità che vengono inseriti all’interno di corni e poi interrati. Una volta maturata la massa organica presente nei corni sottoterra, si forma un super compost che viene sparso in vigna in misura di 100g per ettaro. Un inoculo di microbi e vita da letami compostati, che intervengono su tutto il ciclo vegetativo della vite. 

Non vogliono classificazioni, non vogliono etichette, vogliono essere liberi di esprimere come meglio credono quello che è la viticoltura per loro e sopratutto di non avere imposizioni che loro stessi non decidono di darsi. 

In conversione quasi tutta l’azienda Ceretto, l’appezzamento di Briccio Rocche di 1,5 ettari attorno al casale, è interamente lavorato secondo il metodo Steiner.

L’idea è quella di creare un rapporto diretto e scambievole con la natura.

Tutto ciò si condensa nel fascinoso liquido che è il vino dove, in pochi attimi, al di là di quelli che sono i tecnicismi e i dettagli che vengono raccontati, confluiscono le sensazioni fin ora provate. 

Il primo impatto ha la sua importanza e da quel momento si può costruire la più bella storia d’amore, come la più noiosa delle avventure. 

Un’espressione puntiforme, come il vino dell’azienda e la giornata raccontata da Mauro Mattei (Fine Wine Specialist). 

Nella sue parole spesso ricorreva la parola “micro-territorialità”, a sottolineare la costante ricerca di voler evidenziare la singola sfumatura di ogni vigna, di ogni parcella. 

Le vinificazioni avvengono tutte nello stesso modo, al di là di qualche intervento sulla temperatura di fermentazione. Ciò che differenzia i cru di Bricco Rocche sono le singole espressioni, la libertà dell’uva di parlare e trasformarsi. Un approccio univoco dalla vigna in cantina. 

Un frutto di grande qualità ti permette di avere un prodotto di egual misura

Lavorare per riduzione

Bricco Rocche

Bricco Rocche, inerbimento alternato

Fermentazioni e vinificazioni che seguono lo stesso iter (l’unica disomogeneità è imputabile al clima): fermentazioni semi spontanee, pied de cuve per ogni singola parcella di fermentazione, controllo della temperatura con un range di t° più basso per poi allungare il periodo in macerazione; dopo 4 settimane in genere svinano; malolattica; inserimento del vino in botte grande, tonneau in fase intermedia e barrique all’ultimo. Il contenuto di solforosa è ridottissimo e compiono ciclicamente dei travasi in stile “borgognone” ogni due anni, in base alle necessità. Inoltre stanno progettando una botte di 10/12 ettolitri apposita per la fase intermedia di vinificazione, in quanto il quantitativo di vino che si produce per singola parcella indicativamente assume tale volume. 

Vini dalla forte dinamica espressiva, gli assaggi tra le colline di Barolo

Poi arrivano gli assaggi a concretizzare e dare forma alle aspettative, e con essi la prova del nove. 

Quando si degusta, non bisogna mai dimenticasi della fatica e del lavoro dietro un calice, ma chi fa un buon prodotto lo si percepisce subito.  Lo stile è una cosa, saper fare bene il vino al di là dello stile è un’altra.

Annata 2018, un’annata generosa così racconta Mauro. Un’annata che vede sbocciare dei vini sfaccettati, differenti tra loro, che con il tempo sapranno raccontarsi al meglio. Gli assaggi dalle botti dell’annata 2018, diverranno bottiglie a settembre 2022 ad esclusione del cru Cannubi, come vedremo in seguito.

Brunate 2018 di la Morra, versante alto 

Brunate, il comparto occidentale della denominazione. Esposizione vigna sud pieno, terreno composto da Marne di Sant’agata fossile e sabbia. Di proprietà aziendale 5,5 ettari dei 30 presenti sulla collina. Brunate è florealità, note che vertono sul fiore, una timbrica più dolce a ricordo dell’iris. Trasversale e goloso, si beve con il naso. 

Si presenta con una vivacità espressiva tra naso e bocca particolare: dal colore elegante, dal naso floreale e dalla bocca in cui il tannino si esprime spigoloso. Il naso tipico con ciliegia croccante, fiori bluastri e un refolo agrumato – inaspettato. La bocca non è stressata da picchi di calore, possiede un centro bocca largo ma verticale con un tannino rigido, tipico dei terreni sabbiosi.  Una 2018 in progress, ancora in affinamento, con ultimo travaso a luglio 2019. Più pronto da bere. 

Bussia Soprana 2018

Una vigna di cento ettari di eterogeneità. Nel calice si presenta un vino di bocca, carnoso. Al naso le note terrose, umide di sottobosco e terra bagnata tendono le fila insieme a note di un fiore e un frutto più scuro e dolce come la viola, tipica del Nebbiolo. Bussia all’assaggio è gastronomico, saporito, masticatile nella sua sostanza. Tannino succulento robusto, integrato con l’acidità; si percepisce una lieve sensazione glicerica (che equilibra il tannino) ed eterea. Centro bocca “grasso”.

Bricco Rocche 2018 

Bricco Rocche è un cru minuscolo, la MGA più piccola di Barolo. Un ettaro e poco più di vigna che vede una suddivisione in due lati: due anime differenti dello stesso terroir, Villero e Rocche di Castiglione. Due micro vinificazioni per un cru.

Villero, lato ovest (vigna vecchia sotto il cubo). Esposizione multipla: sud est, sud ovest. Terreni composti da Marne di Sant’Agata fossile e limo. Questi vini si differenziano subito per dei tratti ematici riconoscibili e una minor immediatezza, caratterizzati da una traiettoria più lunga nel tempo. Si può affermare che il versante occidentale dia vini più densi, i cui profumi però si rischiariscono a favore della rosa selvatica, unita ad agrumi e scorsa d’arancia. Il vino è più sapido, la sensazione retronasale è persistente e il tannino – equilibrato ma succulento – aumenta la pressione dell’assaggio.

Rocche di Castiglione, lato est (adiacente alla strada), è la vigna con l’esposizione più fresca che poggia su terreni con un’inclinazione particolare. Neanche cinquanta metri in linea d’aria rispetto a Villero, che sembra di assaggiare un vino totalmente differente. Il naso è più dolce e si fa spazio la rosa; il centro bocca è fresco. All’assaggio è fresco, verticale ma al contempo rilassato, quasi a non voler ostentare la sua persistenza balsamica. Potente, verticale e con una nota distintiva di rosa al naso. 

Prapò Alto 2018

Ci troviamo a Serralunga d’Alba, i suoli qui sono profondi e argillosi. È una zona mediana che poggia sulle formazioni di lequio; l’esposizione a sud-est possiede una buona ventilazione. In questa vigna può capitare di vendemmiare anche dieci giorni dopo rispetto al lato occidentale. Cromaticamente il vino si ispessisce (dato dalle argille) e l’aumento di spessore accompagna anche il tannino. Benchmark di questa vigna è il frutto, denso e massiccio. Prapò possiede un’anima a se stante. Corroborante.

Cannubi 2018

Vigna centenaria di una delle più celebri colline di Barolo. Tutto il Cannubi dell’annata ’18 si trova all’interno di una botticella di 10 ettolitri che uscirà nel 2028 e verrà imbottigliata solo in versione magnum. Una vigna lavorata unicamente a “zappa e decespugliatore”, da cui nasce un vino che ha una modalità di espressione autonoma. Sotto le talee le radici poggiano su terreni con marne e sabbia. Dall’identitario elegante colore, al naso si esprime con note iniziali più verdi e di caffè, a seguire un ritorno di rosa e noce moscata. Una dolce speziatura e una lieve piccantezza, tipica di alcune spezie (cannella e chiodi di garofano) chiudono insieme all’agrume e una sensazione floreale.