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Vinitaly, la più grande fiera del vino italiano, è tornata! 

Più che la quantità di gente è la varietà impressionante, l’insieme di paesi, professioni, giornalisti e wine lover che rende Vinitaly quella piazza di condivisione unica di cui ben conosciamo l’impatto. 

Il panorama è vastissimo, composto soprattutto da grandi nomi ma anche – grazie a un padiglione più piccolo con sezioni Micro-Mega Wines e Vinitaly Bio – da produttori più piccoli. La fiera punta molto e si basa, sulle relazioni commerciali coltivabili e sulla grande quantità di personaggi esteri che si aggirano tra i padiglioni. 

Nulla di nuovo e tutto da scoprire, tra solide conferme e nuove conoscenze 

Conferme come i vini di Michele Satta di cui Giacomo, il figlio, ci ha fatto provare le novità. Durante l’assaggio abbiamo avuto modo di intraprendere una riflessione molto interessante: l’uso dell’uva sangiovese a Bolgheri, la sperimentazione di diversi metodi di vinificazione e affinamento, come le definisce Giacomo Satta “un nuovo modo di vedere Bolgheri: stiano negli anni diventando sempre di più affini alle nuove condizioni dettate dai cambiamenti climatici”.
Questo è indice  di una continua ricerca aziendale e miglioramento del prodotto e allo stesso tempo di una curiosa trasformazione delle condizioni pedoclimatiche in accordo con il percorso aziendale sempre in evoluzione. Per capire al meglio questo concetto una degustazione di Bolgheri Superiore DOC Piastraia a confronto con Toscana Rosso IGT Cavaliere può essere la cosa migliore da fare. 

Con grande emozione abbiamo assistito al progetto di selezione dell’azienda Arnaldo Rivera, l’unica realtà cooperativa che opera sulla terra del Barolo e unica azienda a produrre tutte le differenti denominazioni del Barolo, che gode, seppur in un territorio così piccolo, di una grandissima varietà. 

Il progetto che ci viene presentato dal presidente dell’azienda, parte inizialmente dalla risoluzione delle dinamiche sociali creando un piano chiaro, conveniente e onesto nei confronti dei soci.
Se il pagamento ad ettaro, e non più a peso d’uva, è una delle tecniche quasi obbligate per i progetti che mirano alla qualità delle uve nelle cooperative sociali, l’idea di stipulare contratti a 5 anni con i soci è un segno di lungimiranza a lungo termine, con l’impegno all’unisono tra i soci e la cooperativa. Il cui fine vede, da parte dei soci, l’impegno in un progetto concreto per il futuro – che dona il giusto tempo alle vigne di dare i frutti del lavoro partendo dalla lavorazione in vigneto – restituendo alla cooperativa una collaborazione fidata con i propri soci. 

In questi termini la scelta di vinificazione è equiparata, cioè tutti i Cru seguono tutti lo stesso processo e ciò permette di mostrare le differenze tra i diversi Cru attraverso lo stesso filtro, rendendo questa degustazione un vero e proprio “viaggio tra i Cru del Barolo”. 

Se potessi esprimere un desiderio rifarei questa degustazione quando le bottiglie avranno almeno 3 anni in più sulle spalle, al netto di ciò le differenze sono significative. Il primo assaggio di Barolo DOCG “Undicicomuni” in cui sono racchiusi tutte le uve dei diversi Cru è una sinfonia equilibrata durante gli altri assaggi – è stato come giocare a fare il fonico cambiando i volumi dei vari strumenti che suonavano la sinfonia iniziale.
Uno spunto molto significativo della degustazione è stato quello sulla parola “consistente” e il termine inglese “consistency” (che significa invece validità, coerenza) queste parole venivano alla mente dei presentatori per descrivere i loro prodotti, influenzati, come da loro parole, dalla relazionare con il mondo anglosassone. 

L’avvicinarsi al modello americano ha però forse condizionato troppo se parliamo dell’utilizzo del legno, che spiace alle volte, essere così vigoroso in vini provenienti da Cru caratterizzati da finissi tratti distintivi. Queste considerazioni e tutte le annotazioni di tasting riguardo ai Cru andranno rivalutate nel tempo come anticipato. 

Fattore chiave di queste bottiglie è che meritano l’assaggio, ad oggi possiamo dire di aver degustato un vino completo e vigoroso che non manca di forza e complessità in nessuno dei Cru, nei quali le differenze di terroir, percepite in degustazione, evidenziavano in maniera netta le diverse provenienze. 

“Il Piemonte non ci delude mai” – mi verrebbe da esordire – una scoperta interessante sono i vini di Pascaja, la conoscenza enologica si ritrova con vini complessi fini e eleganti, con un’ottima beva. Era da tanto tempo che non assaggiavo un Arneis di così alto livello come il Terre Alfieri; con la promessa di andare a visitare la cantina sono sicuro che avrò ancora molto da scoprire su questo produttore. 

Mini Mega Wine, piccole realtà che producono prodotti Mega. 

Il padiglione F ha al suo interno Mini Mega Wine, piccole realtà che producono prodotti Mega.
Foradori e il suo rosso vinificato in anfora Sgarzon Foradori, portano un bellissimo assaggio con un prodotto autentico ricco di profumi che conserva, pur con l’utilizzo dell’anfora, un grande freschezza. 

Io che non sono un amante e sostenitore delle anfore ho dovuto ricredermi a dimostrazione che, davanti al vino buono, non c’è spazio per i preconcetti. 

Si susseguono gli incontri e riassaggio il Sagrantino Passito dell’azienda Antonelli, prodotto di cui ero rimasto fortemente colpito al Merano, e che promuovo di nuovo a pieni voti. Il fascino della storia antica, che vede la versione passita del sagrantino abbinata ai piatti di carne della tradizione mi affascina e mi fa capire quanto questa realtà sappia guardare al futuro con prodotti di alta qualità, ma possiede possenti radici ancorate nella tradizione, un po’ come una vite centenaria con lunghe radici che attraversano i vigneti che ogni anno germoglia a dare uova nuova. 

Nel complesso troviamo un Vinitaly ampio, pieno di incontri e a volte, forse, un po’ troppo variegato. Questi incontri sicuramente molto interessanti e stimolanti sotto l’aspetto delle public relation, rischiano di togliere al vino la tranquillità e il tempo fondamentali per assaporarli. La mia opinione rimane che il vino è un prodotto che ha bisogno di calma, ed è nemico della frenesia e della confusione. 

Il nome Vinitaly rappresenta al meglio i due veri vincitori finali di questo evento: il mondo del vino che pur rialzandosi da un periodo difficile come la pandemia e vivendo inoltre un momento storico complesso legato alla crisi delle materie prime attuali, non smette di mostrare voglia di miglioramento e una sempre maggiore consapevolezza. E l’Italia, punto di riferimento, figura solida e sinonimo di eccellenza.  

Giacomo Gioia