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Marco Caprai e il Sagrantino

La storia della cantina Caprai inizia nel 1971 quando Arnaldo Caprai, imprenditore tessile di successo, acquista quarantacinque ettari a Montefalco con l’intento di dare seguito alla propria storia d’impresa, puntando già allora le sue carte sul Sagrantino. Nel decennio successivo, più precisamente nel 1988, passa la conduzione nelle mani di suo figlio Marco 

Conosciamo Marco da diverso tempo grazie a diversi incontri avvenuti in cantina a Montefalco, così come nel corso di diversi eventi svoltosi a Milano negli anni.

In questo nostro racconto sveliamo il suo ruolo nella valorizzazione e nello sviluppo, sia in termini di quantità che di notorietà anche a livello internazionale, del Sagrantino, vitigno rosso autoctono umbro tipico della zona. 

Un percorso che, con la complicità di due figure determinanti, ha portato sia all’ottenimento della Docg Montefalco Sagrantino, che a fine ottobre 2022 ha celebrato i suoi 30 anni così come di speciali espressioni di Sagrantino. 

In questi decenni il Sagrantino, allora pressoché sconosciuto anche in Italia fuori della zona d’origine, è diventato decisamente famoso nel mondo, cambiando le sorti del territorio con il suo successo «non solo sotto il profilo economico», sottolinea il produttore, «ma anche culturale e sociale: la sua è stata una crescita globale, molto equilibrata, avvenuta nel pieno rispetto dell’ambiente».

Di questa crescita Marco Caprai è stato promotore e regista: è dal 1988 alla guida di un’azienda vitivinicola, la Arnaldo Caprai, creata nel 1971 da suo padre, industriale tessile, che ha sempre puntato le sue carte sul Sagrantino.

Il primo passo

Primo passo: la Doc, ottenuta nel 1979, che ne ha riconosciuto due versioni, un passito dolce e un rosso secco. «A vinificarlo eravamo una decina di produttori, mentre a coltivarne le uve erano 60 viticoltori», prosegue Marco. «La versione preferita allora era il passito: quasi tutti gli abitanti di Montefalco se lo producevano per il consumo familiare». 

Lui però era convinto che avesse un eccezionale potenziale qualitativo ancora inespresso e aveva in mente un progetto per assicurargli il successo che pensava meritasse, un progetto lucidamente articolato sulle dimensioni del territorio. 

Montefalco è una piccola città di 5.600 abitanti e la zona di produzione, che pur comprende parte dei territori comunali di Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Giano dell’Umbria, è di 20mila ettari, di cui 1.500 oggi vitati.

Per assicurare un futuro adeguato a questa produzione quantitativamente modesta, ma che lui intendeva portare a un livello qualitativo molto elevato, l’esportazione era una faccenda obbligata. Continua «Ma nei mercati esteri il momento non era facile», ricorda, «lo scandalo del metanolo era troppo recente… Ecco perché nel 1990 avanzammo la richiesta della Docg. Il Sagrantino è stato infatti il decimo vino a ottenere, due anni dopo, quello che dopo tutto è il marchio ufficiale del più elevato livello qualitativo».

In quel momento però il Sagrantino era ancora ben lontano da quell’immagine di vino importante sotto ogni aspetto che Caprai intendeva imporre: per ottenere la Docg bisognava presentare per ogni tipologia bottiglie di cinque annate di cinque aziende diverse e non fu affatto facile metterle insieme, per un’annata di passito fu addirittura impossibile.

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Azienda Arnaldo Caprai

Qualche numero sulla produzione 

Sta di fatto, però, che il riconoscimento della Docg ha segnato l’inizio di un’autentica rivoluzione viticola ed enologica: nuovi impianti di vigneti, più moderne forme di allevamento della vite, crescita pressoché costante di aziende imbottigliatrici, che da una decina sono diventate 80, e moltiplicazione delle bottiglie prodotte, che da 100-150mila all’anno sono balzate stabilmente a 2 milioni. E finalmente i primi significativi riconoscimenti sono arrivati a partire nel 1993 dal Premio Internazionale Vinitaly, conseguito a Verona, seguito dalla conquista sulla Guida del Gambero Rosso del massimo voto, i Tre Bicchieri, da parte del Sagrantino 1997 Arnaldo Caprai nella versione creata per celebrare i 25 anni dell’azienda. Ne sono seguiti molti altri in particolare dagli anni 2000. 

Marco sottolinea «Erano i primi effetti del continuo miglioramento della qualità che avevo messo al primo posto nel mio progetto. Ci eravamo mossi lungo le linee indicate da Luigi Veronelli che consideravamo il nostro maestro: riscoperta dei vitigni autoctoni, individuazione dei cloni di più alta qualità, diminuzione delle rese».

L’azienda ha raggiunto oggi un’estensione di circa 174 ettari, di cui 160 di superficie vitata, tutti appartenenti alle zone della Docg Sagrantino di Montefalco, della Doc Montefalco e della Doc dei Colli Martani.

Due collaboratori di prim’ordine a fianco di Marco Caprai

Il primo è il Professore Leonardo Valenti della facoltà di Agraria all’Università di Milano per i vigneti, il secondo è l’Enologo Attilio Pagli che ha collaborato con la cantina per 26 anni. Sono questi i nomi dei collaboratori di prim’ordine che hanno affiancato Marco Caprai. 

Proprio per i vigneti con l’Istituto di Coltivazioni Arboree della facoltà di Agraria dell’Università di Milano l’azienda ha stretto, alla fine degli anni ‘80, un accordo di collaborazione che è il più antico e longevo d’Italia, con il quale ha svolto un lungo progetto di ricerche articolato in diverse tematiche, dalla selezione clonale del Sagrantino alla zonazione polifenolica. 

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Sagrantino

In questo processo evolutivo verso un’agricoltura dinamica e moderna si è rafforzata la convinzione che il miglioramento della sostenibilità ambientale, economica e sociale dev’essere un impegno costante dell’azienda. È per questo che ha aderito al protocollo di Sostenibilità New Green Revolution, un rigoroso disciplinare di produzione che sette cantine di Montefalco si sono date per proporsi come punto di riferimento in campo vitivinicolo. 

Un progetto che contiene in se un obiettivo estremamente ambizioso. D’altronde, conoscendo Marco Caprai, riteniamo che non abbia mai smesso di mirare alto in questi 30 anni trascorsi. 

Ritornando a Leonardo Valenti (peraltro protagonista di un ritratto a lui dedicato sul Riesling in Oltrepò sul nostro portale), ha collaborato nei decenni all’ottenimento delle seguenti cose: dalla selezione clonale del Sagrantino all’applicazione di moderne tecniche agronomiche nella gestione di nuovi impianti, dallo studio del patrimonio genetico varietale di progenie di Sagrantino, ottenute da seme alla zonazione polifenolica, alle prove agronomiche per la gestione dei processi di maturazione tecnologica e fenolica delle uve, sino alla gestione del suolo tramite inerbimenti con sovesci e concimazioni con matrici organiche diverse. 

Per quanto riguarda invece Attilio Pagli al suo arrivo in azienda, nel 1990, trovò una produzione di vini commerciali. Poco tempo prima Marco assaggiò a un Vinitaly il Ciliegiolo in purezza di Rascioni & Cecconello della Maremma Toscana, realizzato peraltro da Attilio. Restando colpito dall’ottima qualità e piacevolezza di quel vino Caprai decise di affidare a Pagli la conduzione enologica della sua cantina, volendo migliorare soprattutto la sua produzione di Sagrantino. Pagli, al suo arrivo, trovò i vigneti impiantati con un sistema di allevamento, tipico umbro, detto a palmetta.

Oltre ad avere una produzione d’uva abbondante questo sistema di allevamento ha 3 palchi/cordoni, ognuno con diverse distanze dal tronco, con altrettante fasi di maturazione fenolica, rendendo quindi la vinificazione di quest’uva, estremamente ricca di tannini, molto complicata. In pieno accordo con Valenti furono così recisi il 2 e 3 palchi/cordoni, lasciando produttivo solo quello più vicino al tronco. Questo comportò, al momento della vendemmia nel 1993, un anticipo di maturazione fenolica, decisamente migliorata, di tre settimane.

Nel frattempo in cantina Attilio ha cercato di fare estrazioni mirate a non avere tannini duri, gestendo quindi le temperature di vinificazione, i rimontaggi, scegliendo di aumentare i tempi delle macerazioni rispetto alle minori in uso sino ad allora, creando così una sorta di rivoluzione nell’intero processo di vinificazione. Altresì furono introdotte le barrique nuove, aumentando i tempi di maturazione ad almeno 24 mesi, cercando così di interpretare, nel miglior modo possibile. la grande quantità di tannini di cui è ricca questa varietà. 

Possiamo quindi affermare che l’azione unita di Valenti e Pagli portò alla produzione di ottimi Sagrantini, alla notorietà dell’Arnaldo Caprai, oltre a fargli ottenere numerosi premi italiani e internazionali. 

Un primo vigneto digitale 

Questo ritratto ci sembra l’occasione per presentare l’ultima iniziativa in ordine di tempo ovvero il primo vigneto digitale realizzato presso l’Arnaldo Caprai. È stato presentato al Wired Next Fest, con un intervento dal titolo “Agritech, nuove generazioni in campo”, tenutosi a Firenze il 30 novembre scorso. 

Marco ha parlato dell’evoluzione di un mestiere antico che consentirà al settore di attirare sempre più talenti, grazie a una collaborazione decennale con ITS Umbria, con cui formare gli agricoltori smart e digitali di domani.

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MarcoCaprai e il vigneto digitale

«Ci troviamo di fronte», commenta Caprai, «a un momento in cui ci troveremo ad avere un enorme apporto di tecnologie che coinvolgeranno e influenzeranno necessariamente anche il futuro dell’agricoltura. Non solo dovremo prenderne atto, ma dovremo anche innescare questa rivoluzione grazie a figure professionali come gli agronomi digitali, in grado di leggere i dati, interpretarli e dare le giuste indicazioni, saper gestire dei robot e utilizzare questo patrimonio che l’universo digitale metterà a disposizione dell’agricoltura». 

Proseguendo poi «Abbiamo messo a disposizione con orgoglio a ITS Umbria uno dei nostri vigneti, nel quale verranno installati tutta una serie di sensori che raccolgono e trasmettono centinaia di dati. Informazioni di tantissimi generi, che devono poi essere interpretate per seguire lo sviluppo della pianta al meglio al fine di ottenere prodotti di maggiore qualità e minor impatto ambientale, a partire dalla riduzione dell’utilizzo di sostanze chimiche e dalla produzione di CO2». 

Possiamo quindi concludere che Spinning Beauty, il vino simbolo recensito di seguito, esprime quindi l’intuizione di Marco alla ricerca continua della bellezza, filo conduttore (e per questo ritroviamo questo simbolo in etichetta, che omaggia anche le origini tessili della famiglia Caprai) invisibile ma inossidabile, che lega questa cantina all’identità del territorio e a tutte le sue tradizioni, in un movimento incessantemente rivolto al futuro.

Spinning Beauty 2013

Il vino che recensiamo è il capostipite della linea Arnaldo Caprai Signature. Nasce dal più antico vigneto di selezione clonale Monte della Torre e da sole uve Sagrantino. 

Un vino ricco di personalità e fascino dalla lunghissima maturazione in barrique per 8 anni e almeno 8 mesi di affinamento in bottiglia. L’annata proposta è da ricordare per gli ottimi livelli raggiunti. 

Malgrado un calo produttivo del 50%, a causa di gelate tardive che hanno colpito la vite in germogliamento, le uve sviluppatesi sulla pianta hanno rilevato alti livelli qualitativi dal punto di vista di struttura e profilo polifenolico. Un millesimo che ha dato vita a vini rossi di grande persistenza e intensità olfattiva, tannini ben strutturati e maturi, livelli di acidità elevati, creando così le condizioni ideali per un lungo affinamento in botte. 

Si presenta nel calice con un colore rosso granato compatto, dalla forza aromatica estremamente ampia, costellata di sentori di cioccolato, tocchi di arancia rossa, confetture di visciola, amarena, poi rabarbaro, seguito da erbe officinali, un richiamo di fiori secchi, spezie dolci, toni di sottobosco, richiami di tabacco, con una componente tostata a chiudere. Grintoso, caratteriale, corposo, dai tannini presenti equilibrati da freschezza, è decisamente persistente, con un retrogusto balsamico, un tocco di arancia rossa, di rabarbaro. L’annata recensita e la precedente sono state completate con la consulenza del noto enologo francese Michel Rolland.

 

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Marco Caprai, Spinning Beauty 2013

 

 

credit photo: @arnaldocaprai

Giovanna Moldenhauer