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Un giardino bucolico, tra l’astratto e il fiabesco

Le pareti color rosa cipria con raffigurazioni verde salvia, affrescate da Francesco Clemente, introducono a un viaggio sensoriale non casuale. Essenza della transavanguardia italiana è la libertà dell’artista nell’esprimere se stesso attraverso il linguaggio a lui più affine. Mettendo al centro la soggettività dello stesso mediante una ricerca individuale e libera. 

L’unione dei due colori, rosa e verde, assumono un significato psicologico preciso: nel linguaggio comunicativo sono entrambi colori che trasmettono calma e serenità. Se il rosa porta con sé la forza della libertà e positività nei confronti del futuro, il verde è il colore per eccellenza della natura, portando con sé sensazioni di pace e saggezza. 

Piazza Duomo di Enrico Crippa lega amabilmente con l’involucro nel quale risiede, una scatola fuori dal tempo e dallo spazio, dove la cucina abbraccia l’energia, la componente emotiva e il surrealismo che solo un’opera d’arte può lasciare. 

Orto 

Il menù della serata e il pairing con i vini sono stati ideati per l’occasione: due percorsi di degustazione, piatti iconici e creativi legati a portate ispirate alla tradizione piemontese. Percezioni olfattive intense, questa è sicuramente la prima impressione che pervade i sensi. I colori dei piatti sono vivaci e saturi.

Un ricchezza varietale che ancor prima dell’assaggio è preludio di freschezza e persistenza. La componente umami nelle pietanze è bilanciata e non opulente, le percezioni terziarie glutammiche si distribuiscono lungo tutto il percorso, in piccoli dettagli che sanno fare la differenza. Sorprendente la varietà di erbe aromatiche e sfaccettature vegetali, punto cardine della filosofia di Piazza Duomo, che senza alcun dubbio rispecchia le aspettative iniziali. 

Iconica l’Insalata 21, 31, 41, 51…81 condita a strati e accompagnata da dashi all’arancia. Aldilà della maestria nel bilanciare le intensità gustative delle singole erbe, in questo piatto risiede l’anima e la passione per ciò che la natura può donare e l’attenzione al dettaglio. 

Quando le parole sono superflue bisogna solo assaporare in silenzio, attimo dopo attimo, imprimendo nella memoria l’esperienza che si sta vivendo. 

Questo spirito accompagna anche le portate successive: in alcune si ritrovano sapori già conosciuti, in altre si scoprono consistenze e lavorazioni inedite. Delicati, freschi e persistenti, con la giusta componente grassa. Per chi è amante dei brodi, si può raggiungere l’apice del piacere nella semplicità della materia prima la quale, lavorata sapientemente, si dona a noi pervadendo il palato. Rintocchi dolci, succulenti e freschi con punte di aromatica acidità si alternano nelle portate principali, dal raviolo, al merluzzo, alla faraona. 

Giocosa la piccola pasticceria, dove i latticini compongono le portate più curiose. Di ispirazione il “Latte +”, una bottiglia in formato mini di latte con Grappa di Moscato, semplice ma gustosa. Citazione (forse) dal film Arancia Meccanica, sicuramente da la carica giusta per concludere il pasto. 

Vino

Il percorso enologico è virato nettamente su una selezione di vini del territorio italiano, con prevalenza di aziende piemontesi. Spaziando da diversi areali del Piemonte, al Veneto e alla Campania.

Apprezzata la varietà di realtà del territorio piemontese, dal Canavese, alla zona di Gavi per terminare in Langa con Barolo e Moscato. Fuori dal coro Marisa Cuomo con “Costa d’Amalfi Ravello” e Pieropan con il “Soave Classico Calvarino”. 

Il pairing ha lasciato che i vini parlassero liberamente del loro aspetto andando ad accompagnare i piatti con percezioni differenti. Piacevole sorpresa un vino canavesano come prima proposta dell’azienda Cieck, un Metodo Classico Millessimato di facile beva, pulito ed equilibrato. La verticalità del Soave e la mineralità fruttata dell’uvaggio falanghina e biancolella di Ravello, hanno dato rilievo alle pietanze, pulendo e armonizzando la deglutizione. 

Roero Riserva Valmaggiore di Cascina Chicco e Barolo Sarmassa di Marchesi di Barolo in abbinamento alle portate principali, erano entrambi caratterizzati da un naso e un corpo tali da poter essere apprezzati anche singolarmente indipendentemente dall’abbinamento. L’ausilio di questi vini nel pairing, ad ogni modo, risultava intenso e piacevole. 

L’arte 

La competente vegetale è, come già accennato, il punto cardine della cucina di Enrico Crippa, ma quello su cui vorrei porre l’accento è la prospettiva futura della sua cucina. 

L’impressione avuta a termine dell’esperienza a Piazza Duomo ha restituito una visione lungimirante e futuristica. La cucina di Enrico Crippa e della sua brigata nel breve periodo saprà stupire e accordarsi con i cambiamenti e le esigenze alimentari, attuali, e future. Non solo per l’impronta vegetale marcata ma sopratutto per la lavorazione delle materie prime. Una lavorazione (trans)avanguardista, libera da preconcetti o mode alimentari del momento, che si soffermano sulla salubrità del prodotto finito. Una cucina che apporta a se conoscenze culinarie disparate, dalle influenze orientali a quelle più tradizionali piemontesi, approcciandosi ad un concetto che spesso ritrovo: conservare le conoscenze passate usufruendo al massimo delle loro potenzialità. 

La brigata 

Cucina

Enrico Crippa, Chef – Umberto del Nobile e Omar Saba, Sous Chef.

Sala 

Davide Franco, Direttore di sala e Maître – Jacopo Dosio, Head Sommelier – Andrea Martin, Assistant head Sommelier – Andrea Brusaschetto, Assistent Maître – Edoardo Morisco, Chef de rang.