Lambrusco_evidenza

Tempo di Lettura: 6 minuti

Lambrusco e Giappone si incontrano al Finger’s Garden

L’altra sera mi sono ritrovato a riflettere sulla parola enogastronomia. Il prefisso eno è terribilmente più breve del resto della parola, e nonostante ciò non avevo mai avvertito uno squilibrio tra le due parti. Capita guidando di notte su un’autostrada deserta, soprattutto se di ritorno da una cena con il Consorzio Tutela Lambrusco – in collaborazione con Gambero Rosso – sull’abbinamento fra lambrusco e cucine etniche.

Un esperimento apparentemente bizzarro, ma che in realtà ha un robusto fondamento logico. Il Lambrusco è infatti uno dei vini più diffusi al mondo e perciò oggetto di abbinamenti che noi, tradizionalisti dell’ortodossia italica, nemmeno ci sogniamo. 

Il mio insight autostradale nasceva da una frase udita durante la serata, ovvero che la cucina emiliana è talmente ricca di eccellenze gastronomiche (parmigiano, culatello e lasagne per dirne tre) che i vini della regione, pur ottimi in molti casi, sono da sempre considerati figli di un dio minore. Il Lambrusco non fa eccezione, anzi è emblematico di questo squilibrio, anche perché a lungo confinato alla base della piramide produttiva, dove le logiche di quantità dettano legge. 

Da qualche anno a questa parte, tuttavia, i produttori del Gruppo Giovani del Consorzio Tutela Lambrusco (che riunisce 70 produttori e 8 denominazioni fra le provincie di Reggio Emilia e Modena) hanno portato una mentalità nuova, improntata alla qualità e alla valorizzazione delle numerose tipologie di questo sorprendente vino.  

Parlando di tipicità va detto innanzitutto che la Vitis Labrusca, nota già ai romani per la sua spiccata acidità, è forse il più autoctono fra i vitigni autoctoni italici, non essendo stata importata in tempi più o meno remoti dal Caucaso e dintorni, ma in quanto originaria dell’Appennino Emiliano e vinificata in loco sin dall’età del bronzo. 

Tornando ai nostri giorni, i cinque giovani produttori presenti alla serata mi aprono gli occhi sulla varietà di prodotti che le innumerevoli combinazioni fra uvaggi, terroir e vinificazione possono dare. Come diceva uno di loro: “esiste un lambrusco ad hoc per ogni singolo individuo, basta saperlo scovare”. 

Lambrusco_testo1

Consorzio Tutela Lambrusco Tasting Finger’s Gadern

Gemellaggio nippo emiliano 

Iniziamo il nostro gemellaggio nippo-emiliano con un tris di rolls croccanti con avocado e cheese cream in tempura e tartare di tonno, salmone e pesce bianco. A tale trionfo di grassezza e morbidezza fa da contraltare un Modena Lambrusco Brut Metodo Classico Rosé Cantina Ventiventi dalla sfumatura cromatica estremamente tenue, data dalla buccia chiara tipica del Lambrusco di Sorbara. In bocca si presenta subito con un’accoppiata acidità-sapidità di tutto rispetto e sentore di piccoli frutti rossi, con ribes e fragoline di bosco su tutti. Il connubio, seppur non da tradizione, è da manuale.

Lambrusco_testo3

Modena Lambrusco Brut Metodo Classico Rosé Cantina Ventiventi

Si passa poi a una Tartare Sumiso di tonno, polpo e capesante con avocado e asparagi in salsa miso, cui si accompagna un Lambrusco di Sorbara Metodo Ancestrale cantina Francesco Bellei & C. Il vino viene imbottigliato, secondo tradizione, con un leggero residuo zuccherino, così che la fermentazione si possa completare in bottiglia. In cambio i lieviti regalano rotondità e una delicata effervescenza (tra 1,5 e 2,5 atmosfere). Non essendo prevista sboccatura, un modesto residuo di fecce fini è un classico tratto distintivo, tanto che i francesi chiamano questa tipologia di vini ‘sur lies’. 

L’impatto visivo è sorprendente. Nel calice si presenta un liquido di un rosso-arancio incredibilmente vivo, quasi psichedelico. Alle mie orecchie giunge conferma che si tratta di vinificazione in rosso: la buccia del Sorbara ha colpito ancora. La freschezza croccante e l’educatissima sapidità fanno ottima sponda alla ricchezza di elementi del piatto in cui, oltre alle morbidezze di pesce bianco e avocado, spiccano l’aromaticità dell’asparago e la sapidità della salsa di miso. 

Lambrusco_testo6

Lambrusco di Sorbara Metodo Ancestrale cantina Francesco Bellei & C.

Con il terzo vino, un Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Cà de’ Bortolini Cantina Le Casette, il nostro viaggio nel colore ci porta ad un rubino intenso con potenti riflessi porpora. È un biologico delle colline modenesi, prodotto da una piccola cantina dove l’attenzione ai dettagli regna sovrana. Si parte da una lunga macerazione fermentata sulle bucce, ottenuta grazie all’attento uso di lieviti non Saccharomyces Cerevisiae a basse temperature (10-12 gradi). Questi, sviluppando poco alcol, consentono un’estrazione selettiva dello splendido colore insieme ad aromi e tannini morbidi dalle bucce, tralasciando quelli più duri dei vinaccioli. Il clone utilizzato sin dagli anni ’50 aiuta in questo senso; il grappolo spargolo e gli acini piccoli portano con relativa facilità alla maturazione tecnologica desiderata. 

Qui, trattandosi di un metodo Charmat lungo, la priorità è la salvaguardia di un buon grado di acidità, che in effetti al palato arriva intatta. Il profilo aromatico ricalca diversi elementi tipici del grasparossa: sentori di ciliegia, piccoli frutti rossi e frutta secca, con una chiusura di mandorla.  

Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Cà de’ Bortolini Cantina Le Casette

Appena arriva nel calice il quarto vino, il Reggiano Lambrusco Brut Cantine Lombardini, l’intensa tonalità rubino-porpora e il soffice topping di spuma rosa-lampone si prendono subito la scena. 

Seppure a poco più di trenta chilometri dalle colline modenesi, siamo proiettati in un altro mondo, quello del Lambrusco Reggiano e della tradizione del paese di Novellara. Abbiamo davanti un Lambrusco Salamino vinificato in rosso con metodo Charmat lungo; il perlage vellutato è supportato da 4,5 atmosfere e la notevole persistenza gusto-olfattiva gli permette di accompagnare graziosamente dei nigiri dalla marcata impronta di tartufo e persino di maionese al peperoncino.

lambrusco_testo4

Reggiano Lambrusco Brut Cantine Lombardini,

L’ultima tappa del viaggio ci porta, con il Reggiano Lambrusco Il Ligabue Cantina Sociale di Gualtieri, nel paese di origine del pittore Antonio Ligabue. Siamo in una piccola cooperativa sociale, nonché cantina storica di confine fra il reggiano e il mantovano. Le piccole dimensioni e la filiera completamente interna all’azienda, frutto di una rigorosa politica di gestione e controllo dell’intero processo produttivo dalla vigna alla cantina (‘dal grappolo alla bottiglia’ è un bel claim), hanno marcato nel tempo un solco sempre più ampio rispetto alle grandi cantine sociali. 

Il Ligabue ha i tratti caratteristici del Lambrusco Reggiano: colore rubino intenso, spuma rosea, bolla fine e facile beva. Ovviamente senza dimenticare la spiccata freschezza, vero e proprio trait d’union tra le innumerevoli varietà di Lambrusco. A prima vista l’abbinamento con il merluzzo nero dell’Alaska in salsa miso mi suscita – lo ammetto – una certa perplessità. L’armonia dei sapori però si innalza rapidamente di qualche chilometro al di sopra delle mie modeste aspettative e mi regala un sorriso.

È un piacere essere così brillantemente smentiti e poter ampliare i propri orizzonti…

Lambrusco_testo2

Reggiano Lambrusco Il Ligabue Cantina Sociale di Gualtieri

Oggi per il Gruppo Giovani del Consorzio la sfida è comunicare che anche il vino di qualità può essere easy

In questo viaggio di una sera fra Emilia e Giappone ho sperimentato ancora una volta che gli abbinamenti possono essere arte, ma ho anche capito cosa porta il Lambrusco ad essere così massicciamente prodotto (46 milioni di bottiglie solo per le otto DOC delle provincie di Modena e Reggio ricomprese nel Consorzio Tutela Lambrusco) ed esportato ai quattro angoli della terra.  

La sua forza è quella di essere un vino easy, di grado alcolico moderato e di facile beva, senza dimenticare l’onnipresente acidità che ne favorisce l’abbinamento coi piatti della tradizione popolare ‘globale’, spesso caratterizzati da una preponderanza di morbidezze che gratificano il palato e, al contempo, forniscono consistenti apporti calorici.    

Oggi per il Gruppo Giovani del Consorzio la sfida è comunicare che anche il vino di qualità può essere easy. Per il consumatore infatti il lambrusco spesso è ancora – e solamente – quel vino rosso amabile e da prezzo, ma la mia esperienza sensoriale dell’altra sera è distante anni luce da questa percezione sclerotica. Dal momento che non siamo in una serie TV, non si può tornare indietro nel tempo per tentare di cambiare il passato, ma il livello dei prodotti degustati unito alla professionalità, all’energia e alla determinazione che questi ragazzi trasmettono mi hanno fatto capire che siamo entrati in una nuova era per il mondo del Lambrusco.  

Andrea Rossi