Professor Leonardo Valenti

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Vocazione Riesling

Al di là delle scelte e oltre la scorza, là dove la vita sfugge dai pertugi, trapassandoli con la stessa sottigliezza di un raggio di sole, le passioni e gli affetti affiorano come fossero la componente più leggera dell’anima.

Leonardo Valenti è Professore alla facoltà di Agraria corso di laurea in Viticoltura ed Enologia dell’Università degli Studi di Milano ed è anche uno dei principali consulenti agronomici ed enologici italiani. Dal Piemonte all’Oltrepò Pavese e alla Franciacorta, scendendo fino in Umbria, affianca realtà del calibro di Olcrù, Barone Pizzini, Castello Bonomi, Caprai e tante altre, con la vicinanza tipica di una guida. Ma la grande passione del Professor Valenti si nasconde dentro un grappolo piuttosto compatto, uno di quelli che trattengono la complessità del proprio essere, la cui energia sembra quasi implodere dentro quel raggruppamento di acini.

Il Riesling, o più precisamente il Riesling Renano, ha sempre affascinato gli occhi e l’intelligenza di Leonardo Valenti, tanto da portarlo a viaggiare spesso in Mosella, culla e patria del vitigno, per poi innamorarsi dell’Oltrepò Pavese, del quale Valenti sa vedere ogni singola sfumatura di potenziale. Il Riesling è la varietà su cui dovrebbe puntare il futuro dell’Oltrepò Paveseafferma il Professor Valenti, con la convinzione di chi, a modo suo, sta portando avanti una missione in tal senso.  

L’origine genetica del Riesling è tutt’ora poco chiara. Un genitore deriva certamente da una varietà importata dai Romani e dalla quale si è sviluppata anche la “stirpe” dello Chardonnay, ossia l’Heunish Weiss (altrimenti detto Gouais Blanc), mentre l’altro rimane sconosciuto.

È una varietà vigorosa, quasi si servisse della possenza fogliare e della forza del grappolo per dissimulare una celata delicatezza.

Come tutto ciò che è dotato di un particolare spessore di carattere, infatti, il Riesling presenta una buccia sottile, predisposta ad essere lesionata dalla brutalità della pioggia o del vento ma anche ad essere attraversata dal tepore del sole o accarezzata dalla brezza. Chi ha la pelle sottile lo sa bene, quanto la percezione di tutto si giochi sul filo del limite, risultando in una complessità che è figlia di un percorso tortuoso e ostico. Nel caso del Riesling questo percorso arriva a provocare le scottature degli acini, oppure a ledere lo strato più superficiale e aprire così la via alle muffe o agli attacchi fungini. 

Il fattore limitante del Riesling non è il suolo ma bensì il clima

spiega Valenti

Il clima influenza molto quello che sarà poi il futuro profilo sensoriale della varietà,  poiché i classici sentori idrocarburici che lo contraddistinguono derivano dai norisoprenoidi, ossia molecole che vengono degradate a partire dai carotenoidi. In funzione di come procede l’andamento climatico si avrà una dotazione maggiore o minore di carotenoidi: più il clima è caldo, più l’idrocarburo avrà uno sviluppo rapido, più l’annata è fredda, più l’idrocarburo emerge nel vino lentamente. Il grande Riesling è quello che inizialmente si compone di note fruttate ed è privo di traccia idrocarburica, e sarà solo con il tempo, poco alla volta, che lascerà spazio all’idrocarburo”. 

Proprio l’idrocarburo è infatti il regalo più grande che questa varietà offre al naso e al palato.

Questa nota frutto di pazienza, di attesa, di lento assurgere alla propria identità matura di vino adulto è forse il punto più affascinante e coinvolgente del Riesling Renano. 

La composizione dei suoli caratterizza il Riesling solo in termine di mineralità; i terreni più acidi portano una mineralità diversa rispetto a quelli calcarei” prosegue il Professore “ma non è un vitigno che ha vincoli di terreno forti. In Oltrepò il Riesling si presta moltissimo perché lì si può fare una viticoltura altitudinale”.  

È dal 1976 che io vado in Oltrepò. Sono tanti anni…” racconta Leonardo Valenti con la consapevolezza di chi conosce perfettamente la fisionomia dell’entità a cui ha dedicato in gran parte la propria vita, senza pentirsene mai “All’inizio ci si dedicava allo studio delle basi spumanti. Appena laureato mi chiamavano ‘Dottor Chateaux’ perché dicevo di introdurre tra le basi anche lo Chardonnay, oltre al Pinot Nero”. 

Lo spirito innovatore, nonché l’occhio critico, lo hanno sempre accompagnato, muovendolo nell’insistente affermazione di una viticoltura che sapesse assecondare la vocazione naturale del territorio.

“Il Riesling ha bisogno del freddo e non deve prendere troppo sole; bisognerebbe ricollocare alcune vigne e la bellezza dell’Oltrepò Pavese sta proprio nella conformazione geografica adatta per poterlo fare. Andrebbe fatta una vera e propria ricollocazione dei vitigni, qui”. 

Il Riesling diventa quindi uno specchio dell’annata, forse ancora più che del territorio. Di essa assorbe il tempo e le variazioni con cui si manifesta, facendosi carico del raggio di luce e del soffio del vento, integrandosi alla pioggia e facendosi rigenerare dal freddo. Questo – ma non solamente questo, in effetti – rende il Riesling una bacca incredibile, speciale, tessuta nella trama di una complessità che chiede pazienza. L’elusione di questo tempo saggio affermerebbe un profilo fittizio, falso come il plagio della sua anima soave, affascinante, carezzevole, seppur nata dall’austerità.

Forse anche per questo un docente e consulente del calibro di Leonardo Valenti ha scelto di dedicarsi a questa bacca. Forse per questo è pronto a scommettere su di essa, affidandole un compito che parrebbe essere più grande di lei, ossia quello di innalzare la bandiera dell’Oltrepò in segno di vittoria e in segno di riscatto, come fosse la parola celata da tempo e, finalmente, espressa, oltre la scorza.