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Grandi Langhe 2023 la manifestazione storica del Nebbiolo che si rinnova per il secondo anno di fila nella location dell’OGR a Torino

A pochi passi da Porta Susa, Grandi Langhe, racchiude nel nome la volontà di sentirsi davvero “Grande” di questo territorio. Un territorio, oggi, tra i meglio posizionati nel mondo del vino italiano che mostra due facce della stessa medaglia, o forse non la stessa.

In primo luogo, parliamo di vini importanti tecnicamente di livello molto alto che, grazie all’immenso lavoro legato alla valorizzazione dei singoli Cru, si è saputo valorizzare nella ricchezza e variabilità del territorio.
Il secondo volto è quello che porta il Piemonte ad un aumento del numero di vino scambiato che segna un impressionante +653% negli ultimi cinque anni, aumento del quale Barolo e Barbaresco sono i principali motori.

Le Langhe in particolare hanno saputo posizionarsi in un mercato internazionale, trovando il loro spazio e parlando con un linguaggio che, paradossalmente, è sempre più lontano dal consumatore medio italiano. 

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Grandi Langhe 2023

La fiera si articola in maniera circolare, ben organizzata e ordinata. L’assaggio è complesso, difatti le annate presenti sono le più recenti che ci danno solo un’indicazione su cosa potrà diventare quel prodotto. Se parliamo dei vini a base di uve Nebbiolo abbiamo bisogno di un’evoluzione importante nel tempo per apprezzare al meglio le sue caratteristiche. Questo pensiero non è condiviso da alcuni produttori, che invece, ci hanno spiegato come per loro il futuro sarà adeguare anche Barolo e Barbaresco a diventare dei vini di grande beva fin da subito. Non dover più aspettare dieci anni per apprezzarli.

Ma se un territorio e un vitigno hanno queste caratteristiche, che lo rendono unico, non si corre il rischio di snaturarlo nel nome delle abitudini del consumo commerciale? 

In questo caso, i grandi nomi più conosciuti sono effettivamente produttori con una marcia in più e negli anni sono stati capaci di trasformare il concetto che “la qualità si paga” in “la qualità ripaga”.  Tra questi voglio citare Domenico Clerico che ha centrato in pieno il mio gusto personale e Chiara Boschis di cui i vini sono tra i più identitari tra quelli assaggiati.

Oltre al prodotto sono centrali anche i temi di sostenibilità, su cui tutti i Langaroli più importanti stanno investendo. In questo però voglio sottolineare come sia evidente che per raggiungere la sostenibilità ambientale debba esserci prima di tutto la sostenibilità economica, questo concetto mi è stato ripetuto spesso da un caro amico e produttore oltrepadano e mi trova pienamente d’accordo. 

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Se Grandi Langhe ci ha mostrato realtà sempre più rispettose dell’ambiente e del territorio, è anche grazie al ritorno positivo e il forte sviluppo in cui sono inseriti. 

I grandi vini delle Langhe non temono l’annata difatti le ultime, seppur diverse, vengono considerate tutte positive. Se la 2019 sembra più affine all’invecchiamento e in molti sono concordi nel dire che ci darà grandi soddisfazioni nel tempo, la 2018 e la 2020 sembrano più pronte. Insomma, le stagioni estremamente calde non solo non spaventano i produttori, ma addirittura alcuni di loro, come Crissante Alessandria e Anna Maria Abbona, le considerano un beneficio per i loro vini. 

Sicuramente, parlando della vendemmia corrente, la 2023 sarà caratterizzata da rese basse, ma i produttori stanno adottando nuove pratiche al fine di mantenere lo stile intatto e garantire la qualità.

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Per prima cosa, in vigna si preferisce l’inerbimento e si sta abbandonando la pratica della sfogliatura per proteggere i grappoli dalla luce del sole. Per quanto riguarda la data di vendemmia viene anticipata, pur mantenendo la giusta maturità fenolica. Maturità della quale nessun produttore ha evidenziato problematiche o preoccupazioni. Poderi Colla ci spiega come anche le lavorazioni sono ridotte per preservare il contenuto idrico del terreno. Le strategie in vigna si completano con concimazioni specifiche e trattamenti oculati come la pratica di utilizzare il Caolino che riflette i raggi del sole preservando i grappoli, come descritto da Giorgio Boschis.
In cantina invece, non ci sono sostanziali cambiamenti, le principali novità sono il sempre più frequente impiego del grappolo intero in quota parziale che aiuta ad aumentare la freschezza e la riduzione dei tempi di macerazione per modulare l’estrazione in maniera corretta.

Se molti territori soffrono i cambiamenti climatici per le Langhe, sentendo la voce dei produttori, al momento non sono un fattore di criticità per i vini. 

I produttori del Roero, tra i quali Alberto Oggero con il quale abbiamo condiviso questa riflessione, spiccano coloro che hanno saputo crearsi uno stile proprio del loro territorio rispettandone le sue caratteristiche ed evidenziandone i punti di forza. Senza sentirsi in una gara con altri, ma sentendosi fieri di essere diversi, per esempio nell’interpretazione di Oggero, abbiamo trovato vini di grande beva e piacevolezza che non mancano di complessità. 

La manifestazione ci lascia sicuramente molto soddisfatti, è vero però che, se fino ad ora le aziende potevano permettersi di puntare sul volto commerciale e internazionale ora è necessario aggiungere qualcosa di unico. Questo carattere in più, forse, è un po’ mancato anche considerando l’assenza di alcuni nomi capaci di fare la differenza.
Secondo il mio parere e gusto, una volta raggiunto un livello tecnico elevato sia per quanto riguarda il volto commerciale che quello produttivo, bisogna trovare il modo di aggiungere un valore che vada oltre le classificazioni.

Sicuramente Grandi Langhe ha mostrato come ci siano tutte le potenzialità per raggiungere questo risultato, è solo questione di scelte.

 

Giacomo Gioia

credit photo: Grandi Langhe e Consorzio di Tutela Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Dogliani