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31^esima edizione per il vino tra le Dolomiti

I primi di novembre, circondati dalle Dolomiti, dove tutti parlano di vino. Ci troviamo al Merano Wine Festival giunto ormai alla sua 31 esima edizione: l’evento che nasce dalla selezione di Helmuth Köcher parla di eccellenze enogastronomiche selezionate. Il contesto è ideale per assaggiare i prodotti di grandi realtà e interessanti anteprime, meno per nuove scoperte. 

Trentino Alto Adige, Piemonte, Toscana, Sicilia e non solo … 

Il nostro assaggio è partito dai grandi nomi per poi andare alla ricerca di qualche chicca. Tra questi non mancano Trentino Alto Adige, Piemonte, Toscana, Sicilia e molti altri.

Le Langhe, con Barolo e Barbaresco, si presentano con proposte di altissimo livello di cui cito grandi conferme come Domenico Clerico, Pio Cesare e Dante Rivetti. Inoltre Cascina Bruciata si presenta al pubblico come la nuova etichetta della cantina Marchesi di Barolo, un progetto interessante che propone un prodotto innovativo e piacevole, con delle note balsamiche e un tannino ben integrato. 

Per quanto riguarda la Toscana abbiamo riscontrato in alcuni assaggi delle criticità poiché non tutti i vini che abbiamo degustato si presentavano puliti ed eleganti (condizione imprescindibile in vini di altissimo livello). Tuttavia, troviamo alcune punte di diamante come Vigna dell’Impero di Tenuta Sette Ponti, la celebre cantina produttrice del più noto Oreno ci ha stupido con questa bottiglia dotata di eleganza, pienezza e raffinatezza. Prodotta con uve sangiovese in purezza provenienti da una singola vigna storica da cui prende il nome il vino.

Per quanto riguarda il Brunello di Montalcino, alla lista dei vini che ci hanno colpito, si aggiungono Tenuta Greppone Mazzi che con la verticale 1998, 2000, 2003 e 2017 ha mostrato la longevità, la complessità e la completezza di un grande Brunello. Differente è invece la sensazione che abbiamo avuto del Brunello di Fulgini annata 2018, al momento una bottiglia non pronta per essere bevuta con un tannino indisciplinato, ciononostante possiede delle caratteristiche uniche che, a mio parere, lo porteranno tra cinque anni ad essere un vino stupefacente. 

L’Alto Adige si conferma padrone di casa con l’altissima qualità. Cantina Colterenzio, Kellerei St. Michael-Eppan, Tramin, Nals Margreid, sono nomi di cantine che portano prodotti di qualità e tecnicamente perfetti, talvolta eccessivamente tecnici che li rendono poco interessanti nei primi anni ma capaci di dare risultati sorprendenti in termini di longevità. 

Le bollicine trovano, in tutto il panorama del Trento Doc, un’espressione standard ma precisa e indubbiamente di qualità. Grandi realtà come Cesarini Sforza e Letrari presentano nelle loro linee di fascia alta prodotti dal grande fascino e tecnica. La coesione dei produttori lascia spazio anche a piccole cantine di qualità come Opera, azienda produttrice di vini territoriali che esalta le caratteristiche del suo spumante con acidità dirette e bocca avvolgente. 

Ci spostiamo verso un altro Metodo Classico di rilievo targato Oltrepò Pavese dell’azienda Bruno Verdi . Se con il suo Vergomberra Docg dosaggio zero 36 mesi porta un prodotto onesto ma che non stupisce, con il Vergomberra Millesimo 2011 (seguito da un anno di sboccatura) ci ha felicemente sorpreso per complessità grassezza e acidità. 

Nuove scoperte, masterclass ed eventi 

Per quanto riguarda le nuove scoperte, lo stand Wine Campania FELIX ci ha portato in un viaggio attraverso i diversi terreni del Vesuvio e sfaccettature del territorio campano. Abbiamo avuto modo di assaggiare il Bianco Per Eva della Tenuta San Francesco. Un bianco della denominazione Costa D’Amalfi che sorprende per sapidità e beva con un finale lungo e piacevole, il tutto supportato da un’acidità diretta ma ben integrata. 

Proseguiamo con tre espressioni della Sicilia. Gulfi ,la prima cantina, ci porta vini intensi e di corpo, con grande qualità sulle varietà autoctone. Il secondo assaggio rivela la verità del territorio difatti la cantina Baglio di Pianetto, con un’altitudine di 700 mt sul livello del mare, regala dei vini più minerali, freschi e fini. Infine, un grande rosso di Feudo Maccari, che porta il Nero d’Avola in purezza in una versione muscolosa, con un lungo finale quasi balsamico e un intenso frutto. Si tratta di una delle interpretazioni più tipiche di questo vino ma di grande eleganza. 

Infine, due eventi significativi hanno scandagliato la giornata di sabato e il pranzo di domenica. Nella giornata di sabato abbiamo avuto modo di degustare i vini di Luca D’Attoma, rinomato enologo che si occupa di viticoltura biodinamica e svolge l’attività di consulenza in quasi tutta Italia.I vini che abbiamo bevuto provenivano dalle zone vitivinicole più prestigiose.

La forte territorialità, l’intensità di corpo e la beva sono punti importanti su cui tutti gli assaggi si ritrovavano. Ma oltre alla qualità indiscutibile dei vini è stato il racconto della filosofia a fare la differenza, il momento in cui l’enologo diventa la figura capace di capire la vigna e il terroir per tradurli nella migliore espressione del prodotto.  

Il secondo evento a cui abbiamo partecipato durante il pranzo di domenica è stato un viaggio nella Denominazione Custoza. Denominazione tra le Verona e il Lago di Garda i cui vini prevedono un uvaggio per almeno un 70% dei vigneti simbolo quali garganeca, trebbianello e la bianca fernanda che conferiscono una combinazione di profumi floreali, colore dorato e leggera aromaticità. 

In questo caso la degustazione prevedeva la comparazione di diversi produttori nella loro annata corrente con un’annata antecedente. Le annate più datate, hanno mostrato una sorprendente longevità del Custoza, che mantiene l’acidità e mostra aromi più evoluti. Non si può dire che permetta delle evoluzioni particolarmente complesse ma sicuramente interessanti, in particolare nelle espressioni minerali che parlano chiaramente dei suoli morenici della zona di produzione, conferendo al prodotto una forte territorialità. Sui prodotti giovani, se si considera questa ricchezza, c’è un po’ di confusione dal momento in cui troviamo aromi fruttati troppo spinti che guardano al tropicale (tratto poco coerente con il resto degli assaggi). Tra i vini ci hanno colpito il San Michelin dell’azienda Gorgo sia nella versione 2021, che nell’annata 2015 e Il Custoza Doc Superiore 2015 di Amedeo Cavalchina.  

Durante il pranzo abbiamo avuto modo di assaggiare tipicità altoatesine in abbinamento a questi vini e, i più complessi Custoza, sono stati proposti come possibile affiancamento della carne. Si tratta sicuramente di abbinamenti per certi versi rischiosi, ma in questo caso, con un’ottima cottura del vitello (che risultava molto tenero e delicato) unita a una componente verde importante come lo spinacio, ha restituito un buon risultato. 

In conclusione, la realtà del Merano Wine Festival è molto positiva. Il Festival è fortemente condizionato dal pensiero e lo stile di Helmuth, è lui a stabilire dove si trova l’eccellenza e segue personalmente tutti i principali eventi correlati al festival. L’accento è posto su quelle realtà consolidate, grandi gruppi o marchi importanti e vuole comunicare una sensazione di esclusività a chi vi partecipa.
Questo conferisce un’identità al festival che, a mio parere, ne aumenta il credito. Il tutto è incorniciato da uno splendido luogo nel mezzo di un territorio suggestivo, che accompagna i visitatori durante l’evento.

Giacomo Gioia