moscato di scanzo

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L’evoluzione del liquido nel calice, ruba lo spirito e cattura l’attenzione

Il denominazione Moscato di Scanzo costituisce la più piccola Docg d’Italia la cui produzione è circoscritta al comune di Scanzorosciate, in Valcalepio (BG).  Gli ettari totali dei vigneti coltivati a Moscato di Scanzo sono 31 con una produzione annua di 60.000 bottiglie suddivide tra 22 produttori. Una storia di un vigneto autoctono a bacca rossa, allevato a pergola bergamasca o alberello spalliera, le cui antiche origini sono poco note. Il grappolo si presenta di forma allungata piramidale, piuttosto spargolo; l’acino di colore blu-nero intenso ha una buccia sottile ricca di pruina. I terreni su cui poggiano i vigneti  sono di origine calcareo marnosa e la pietra tipica prende il nome di Sass de Luna, per il suo colore plumbeo a ricordo della luna.

Il processo di lavorazione delle uve è piuttosto laborioso, la raccolta avviene solitamente attorno alla metà di ottobre, dove le uve selezionate vengono poste in appassimento per un minino di 21 giorni, stese sui graticci oppure disposti in apposite cassette in ambienti condizionati al fine di monitorarne l’evoluzione ed evitare la formazione di muffe. Il processo di  appassimento influirà sull’acidità e sul tannino e al termine di esso la gradazione alcolica sarà tra i 15-18 gradi. L’invecchiamento avviene in vasche di acciaio o in contenitori di vetro e il vino potrà essere commercializzato dopo il primo novembre dei due anni successivi alla raccolta.

Un vino eclettico, intenso in continua evoluzione che sorprende anche nelle sue espressioni più inusuali. Come una stola di velluto, la tridimensionalità e la sensazione tattile, è sinonimo di avvolgente eleganza.

L’azienda De Toma, situata nella sottozona di Rosciate, è arrivata alla sua 126esima vendemmia e con i suoi 2 ettari di Moscato, producono annualmente dalle 4 alle 5 mila bottiglie. Un’occasione di degustazione molto rara quella offerta dall’azienda De Toma, nella quale hanno messo a disposizione un vino di grande pregio nelle annate 2017, 2016, 2015, 2013, 2012.

Ogni calice degustato è unico, espressione di un andamento climatico preciso, ogni annata è sorprendente: quando avviene corrispondenza tra la materia più concreta e quella più volubile, non può che essere un ottimo preludio per i sensi. Identità precise che esprimono i loro caratteri, legati da una sorta di linearità dove ognuno di loro comunica la propria unicità.

“2017, Equilibrio”

Giovane! Se che questo è il punto di partenza converrà farne scorta. Si presenta con una massa colorante impenetrabile ma vitale, al naso è vivace e al gusto ricco. Le prime note sono di frutta rossa e spezie, contornate da una sensazione cipriata; litchi, bergamotto, lavanda e cardamomo che chiudono su note agrumate di arancia candita e nespole. Al gusto danzano parallele l’acidità, netta, e la sensazione glicerica. Apre con morbidezza per chiudere con una nota acida e amaricante, da non sottovalutare la sensazione sapida. Tannino elegante e bilanciato. Grande potenziale di invecchiamento.

“2016, Grandine”

Risente sin dai primi attimi di un annata sfortunata dove la grandine ha creato non pochi problemi. Con un lieve ritardo nell’esprimersi, bisognerà avere pazienza qualche minuto prima che si apra il sipario. Al naso il frutto scuro, la cipria, il cioccolato, il cacao e le spezie persistono, per poi aprirsi su note di geraniolo, rabarbaro, tè nero e una freschezza balsamica che si ritrova anche in bocca. All’assaggio è deciso, la nota alcolica è evidente, il tannino meno vellutato e l’acidità più verticale.

“2015, Il Moscato di Scanzo”

Più classico nelle sue espressioni rappresenta il Moscato di Scanzo ed è perfetto per imprimere nella memoria il carattere tradizionale di questo vino. Al naso la nota cipriata sempre presente, si unisce a uno spettro più ampio di spezie,  paprika, noce moscata e liquirizia che si combinano al fico secco e al tè nero. Un vino intrigante in cui si percepisce sin da subito la maggiore evoluzione: coeso, piccante, compatto, vinoso e glicerico al gusto. L’acidità ha la prima e l’ultima parola in bocca, il tannino si ferma ai lati della lingua e termina con una lieve sensazione amaricante.

“2013, Clima torrido”

Annata eccezionale in cui per la prima volta fu necessaria l’irrigazione in vigna in quanto le piante si ritrovarono in una condizione di stress idrico notevole causato delle torride temperature. La durezza della stagione si fa sentire tempestiva: il primo impatto è chiuso, si percepisce quasi un difetto, una leggera nota lattica e di ossidazione ma è solo questione di pazienza. Pian piano le sensazioni più scontrose fanno spazio a menta, terra bagnata, fungo, barbabietola, miele, spezie, cuoio, cera, incenso e cacao, chiudendo su note di zafferano e china. Al gusto è caldo, tannico, speziato, ematico e balsamico. Più serrato rispetto agli altri ma con qualcosa da raccontare.

“2012, Annata calda”

Berlo ad occhi chiusi sembra di conoscerlo, la maggiore corrispondenza tra le annate della verticale: un 2017 con qualche anno sulle spalle. Il colore è intenso e vivo. Al naso è fresco, balsamico, si percepiscono spezie orientali, magnolia e geraniolo. Un essenza d’infanzia che ricorda il profumo di un epoca lontana: cera, canfora, cipria,borotalco per terminare su note di caffè. Al gusto è caldo, tridimensionale quasi masticabile, balsamico, con un tannino largo, la sapidità e la sensazione glicerica collimano.