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Le onde del mare che si infrangono sugli scogli a Pantalleria sono una costante universale

Voi direte: “ma su un’isola in mezzo al canale di Sicilia, vuoi che questo non sia scontato?” Ecco, qui ci sbagliamo… no, non è per nulla scontato. Il vento e il rumore del mare pensiamo che siano la normalità nel nostro immaginario, ma non fino a che si approda a Pantelleria. Isola vulcanica, ricca di storia e contaminazioni, dove l’uomo capisce di essere un granello di sabbia in un mondo di cui è ospite. 

Questa percezione l’ho avuta in due momenti distinti in modo netto e pervasivo: quando ero in visita al Lago di Venere e attraversando la Piana della Ghirlanda. Due paesaggi completamente diversi, due emozioni diverse ma al contempo simili.  La costante? Il sentirsi piccoli, immersi e avvolti da una natura quasi preistorica. 

Pantelleria è un’isola dall’immensa ricchezza geologica e naturalistica, specie endemiche che si sono adattate unite a specie autoctone, sia vegetali che animali. Da microrganismi unicellulari a colonie pluricellulari. Sapete che sull’isola non vi sono animali da allevamento? Ad esclusione di qualche capra, vacca o cavallo ad uso domestico o locale, sull’isola non vedrete altro che flora e fauna selvatica. 

La cucina tradizionale è prettamente a base vegetale e di solanacee

Come componente proteica potrete assaggiare la Tumma, il loro formaggio fresco di capra (simile ad un primo sale ma in questo caso non salato) e il coniglio selvatico di cui l’isola è ricca. Tra i piatti più popolari vi è l’insalata pantesca; mi è stato raccontato che la ricetta originale è diversa rispetto a quella che oggi si può trovare.  

Dai sapori autoctoni, la ricetta era composta da: pomodoro, patate, capperi, cipolle, olive, origano e pesce essiccato. La variante alla ricetta originale, che oggi è usuale trovare nei ristoranti, è l’assenza del pesce essiccato. 

La storia di Pantelleria è molto antica e ricca di contaminazioni

I primi abitanti che si insediarono furono i Sesioti circa 5000 anni fa, attirati molto probabilmente dall’ossidiana, di cui l’isola è ancora ricca. Attraversata da Greci, Fenici, Romani, Arabi, Bizantini … fino ad arrivare all’annessione con il Regno d’Italia nel 1860. 

A Pantelleria si respira un tempo che non ha tempo

Si calpesta e si respira a pieni polmoni la storia, visibile ad occhio nudo, una storia che non è solo osservabile ma anche tangibile. Basti pensare ai Dammusi. Come si direbbe ora, l’architettura dei Dammusi è ad impatto zero sull’ambiente circostante. Le case si amalgamano con la vegetazione, vanno a sparire tra l’ossidiana, i fichi d’india, le palme, il mirto, l’elicriso e le piante di cappero. 

Pantelleria è un’isola che non è accogliente, è dura e difficile da capire. L’ego dell’uomo è immediatamente ridimensionato di fronte al suo essere. Pantelleria si fa amare, e tanto, ma lei non è disposta a scendere a compromessi. 

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Cala Levante, Pantelleria

Il sole è caldo e scalda le rocce di ossidiana, è nera, profonda e inospitale a tratti. Bisogna avvicinarsi con cura e saperla ascoltare. È un’isola vulcanica i cui fenomeni di vulcanismo secondario plasmano attivamente la morfologia e la quotidianità del popolo pantesco. 

L’ultima eruzione risale al 1892, un fenomeno relativamente recente, osservato da parte degli esperti che ne stanno valutando gli effetti nel tempo. L’isola è sempre in movimento ed è visibile nel suo continuo abbassamento, ciò desta qualche nota di preoccupazione e per i più fatalisti si pensa che possa divenire, in un futuro, la prossima Isola Ferdinandea. 

84 km, 22 cantine, 13 contrade, 10 vulcani visitabili, 9 siti archeologici subacquei e terresti, 12-14 sorgenti termali, fenomeni vulcanici visibili 

A Pantelleria respiri aria di epoche preistoriche, calpesti materia viva e in continua evoluzione. Pensate che non essendovi acqua dolce la zona del Lago di Venere, con i suoi 13 metri di profondità, è destinata a divenire palude in quanto il sedimento di stromatolite aumenterà sempre di più, complice anche l’evaporazione dell’acqua. La sua evoluzione del tempo è incerta, a causa dei fenomeni secondari. 

L’isola è composta da 50 crateri, crateri che la rendono unica le cui caldere sono calpestabili e le cui piane sono attraversabili. Il Lago di Venere costituisce la caldera primordiale e quello che oggi è visibile ad occhio nudo è la parte emersa dell’eruzione. 

Rapaci, gabbiani, varietà endemiche estremamente rare. Le vegetazione attuale è stata creata nel corso dei secoli per migrazione aerea di volatili o intervento dell’uomo. Inoltre esemplari rarissimi di orchidea insidiata a Montagna Grande e il grillo pantesco sono specie uniche che risiedono solo qui. 

Anche il loro dialetto è una mescolanza di idiomi tra passato e presente. Per esempio Dammuso in arabo significa cupola, come la forma propria delle case. 

L’acqua dolce: ma se a Pantelleria non vi è acqua dolce come ha fatto la vegetazione a sopravvivere? 

A Pantelleria ad esclusione di viti, capperi, ulivi, fichi d’india non pensate di imbattervi in orti o serre per la coltivazione della frutta e verdura massiva. Quasi tutti hanno il loro appezzamento di terreno che coltivano e il resto viene dal continente. Ma questo la rende così unica e misteriosa; una capsula del tempo. 

Esistono però il giardino pantesco, i muretti a secco e i dammusi. Sapete che se si uniscono tutti i muretti a secco dell’isola si arriva a 12 mila km? Con una tale distanza si arriva ad Hong Kong. 

Il tetto del Dammuso è stato costruito a forma di cupola in modo tale che raccogliesse l’acqua piovana che successivamente confluiva in cisterne al di sotto dell’abitazione. 

I muretti a secco servono per catturare l’umidità, intrappolare la rugiada che si forma durante la notte e poter così dare un apporto idrico alle culture – non è strano vedere crescere piante di capperi nei muri delle abitazioni o in punti per noi inusuali. 

Il giardino pantesco è forse una delle cose che più mi ha affasciato, attorno ad un’unica pianta di agrume si costruisce una fortezza di ossidiana a secco. Sfruttando il principio sopra descritto della rugiada. 

Onorare, proteggere e umettare una singola pianta che avrebbe sfamato la famiglia durante l’anno.

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Giardino Pantesco

La Piana di Ghirlanda, altro posto che ha fatto sentire il mio spirito incarnato nella terra ma estraneo dal possederla. Una piana facilmente attraversatile che si apre all’improvviso e si mostra in tutta la sua grandezza. Una colata lavica, fertile, disseminata di viti principalmente. 

La piana si trova nella zona est – sud/est dell’isola ed è la seconda area per estensione di coltivazione della vite. La prima è la contrada di Bukkuram, in arabo, padre della vigna. Un paesaggio da pellicola cinematografica: creare uno slow motion con gli occhi e lasciarsi andare (per questo consiglio vivamente di scoprire l’isola con un mezzo a due ruote). 

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scorcio Piana di Ghirlanda

Ora vi lascio così, tra un viaggio intimista e qualche nozione generale che vi possa aiutare a comprendere meglio quello che verrà. Accorciamo le distanze nella speranza di far percepire il suo fascino.