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L’arte del sake in abbinamento al dolce

Il sake è la bevanda prediletta dal popolo Giapponese e ha radici profonde nella loro cultura tanto da definirsi il liquore rappresentativo del Paese. Il sake è un fermentato a base di riso, acqua e lieviti saccharomyches, inoculato con koji e avente una gradazione alcolica variabile tra i 12 e i 18° gradi. 

Questa bevanda si sta facendo sempre più strada nella storia cultura, incuriosendo generi diversi di appassionati o consumatori. Come i gentili fiumi che attraversano le valli in Giappone, così il sake ha raggiunto il nostro palato, con pazienza e tempo. 

Cos’è il Sake? 

Il sake, per la sua connotazione culturale, potrebbe essere paragonato all’idea di vino come “alimento” che avevano in passato, quindi essenziale e onnipresente sulle tavole e inserito anche in contesti religiosi e spirituali. 

Un prodotto realizzato da artigiani trasformatori che lavorano tutto l’anno senza sosta, spostandosi durante le fasi di lavorazione e seguendo il flusso di composizione del sake. Gli stessi artigiani che durante la primavera (da marzo a novembre) e l’estate sono nelle risaie, durante l’inverno (da novembre a marzo) si spostano nelle cantine di lavorazione, portando a termine la fermentazione. Letteralmente vivono per questo lavoro, stando molto tempo lontano dalle proprie famiglie. 

Il termine sake banalmente significa “alcool”. L’ideogramma che rappresenta questa parola è visibile su qualunque tipo di bevanda alcolica, come per esempio la birra.

Nihon-shu , “alcol of Japan” è la parola più identificativa quando si parla di Sake in Giappone. Il sake, ricordiamo, è un fermentato di riso, acqua, lieviti (Saccharomyches) e Koji (un fungo che trasforma l’amido in zuccheri e proteine). La proporzione di acqua e riso impiegata per la produzione di sake è in genere di 50 L di H₂O per 1 kg di riso.

All’interno del processo di metamorfosi del riso avvengono due trasformazioni: la fermentazione alcolica, operata dai lieviti Saccharomyches e l’amilasi, portata a termine dalla spora di Koji (Aspergillus oryzae) che trasforma l’amido del riso in zuccheri e proteine. 

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tasting sake, Koshu

Tipologie di sake

Esistono diverse classificazioni di sake in base alla tipologia di riso impiegato e ai metodi di lavorazione. Il criterio primario di classificazione dei sake si basa sulla levigatura del riso. 

La levigatura del riso (seimaibuai) è un passaggio fondamentale in quanto grazie ad essa si eliminano elementi indesiderati; infatti la parte più esterna del chicco di riso non è adatta alla fermentazione per questo viene rimossa. La percentuale di chicco che rimane successivamente alla levigatura determinerà la tipologia di sake che stiamo bevendo, definendo l’aromaticità e l’eleganza del prodotto finale. Inoltre la note amara finale riscontrabile nei sake “nighara” è ricercata ed è sinonimo di eleganza. 

I sake sono classificati quindi in categorie distinte per il livello di levigatura del riso e l’aggiunta di alcol a fine fermentazione, vediamone alcuni: 

  • Junmai: no alcol addizionato ma derivante solo dalla fermentazione del riso; levigatura al 70%; sono sake organoletticamente complessi e molto umami. 
  • Junmai Ginjo: classe pregiata di sake, con levigatura del 60%. Nel nome stesso, la parola Ginjo indica un bouquet di aromi fruttati e floreali; no alcol aggiunto. 
  • Jumnai Dai Ginjo: la categoria più elaborata, riso levigato almeno fino al 50%; sake eleganti e aromatici presentano un buon frutto e florealità.
  • Honjozo: definiti i sake “rinfrescanti” sono molto versatili e si possono bere sia caldi che freddi; prodotti con una leggera aggiunta di alcol; levigatura al 70%; gusto secco e fresco. 
  • Ginjo e Daiginjo: classe di premium sake addizionati di alcol a fine fermentazione; grado di levigatura del riso da 60 a 50%; sake pregiati e longevi. 
  • Futsushu: classe più comune di sake circa il 74% della produzione; leggera aggiunta di alcol; non sono soggetti ad uno specifico disciplinare. 
  • Koshu: “invecchaiti”, si classificano così quando superano i 3 anni di invecchiamento. Maturazione in acciaio, bottiglia o in botti di legno “taru”,  secondo antiche tradizioni. 
  • Sake aromatizzati alla frutta: liquori a base sake infuso con frutta fresca; eventuale aggiunta di succo e altri ingredienti; molto aromatici e intensi, assomigliano a dei succhi di frutta con un grado alcolico di 10 gradi. Usati molto anche in mixology. 

Ci sono numerose sfumature alle quali bisogna porre attenzione per comprendere lo stile e le caratteristiche del sake che si sta degustando. Come accennato sopra anche le variabili di lavorazione sono determinanti e influiscono sul carattere della bevanda: stile di fermentazione, eventuale pastorizzazione e presenza di starter. 

Negli starter ricordiamo koji, una muffa in grado di “aggredire” l’amido del riso in modo differente in base alla tipologia e alla corposità dello stesso (duro o cotto) e shido, un’iniezione di acido lattico che sterilizza gli enzimi e i batteri a cui resistono i saccharomyches. 

Per esempio possono differire in base alla tempiste di lavorazione se gli artigiani operano una fermentazione più lenta o veloce, questo influirà sul gusto e la percezione alcolica. Oppure se operano secondo antichi stili fermentativi in cui non si utilizzavano degli starter (koji e shido), questi sake avranno una percezione umani nettamente superiore e maggiori ossidazioni. 

Il maestro cantiniere, il Dosji, infine dopo la pastorizzare (non obbligatoria) porta a termine la lavorazione con la diluizione del fermentato. 

Gli abbinamenti 

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sake tasting abbinamento dolci

La dimensione di abbinamento di questa bevanda è molto ampia anche per la temperatura di servizio. Il sake si abbina non solo alla cucina nipponica ma altresì a espressioni culinarie più occidentali come formaggi e dolci. Esso cambia con la pietanza in abbinamento, si modula portandosi dietro i gusti del cibo. 

Il sake ha la caratterista di bilanciare la percezione salina dei patti e togliere quelle terrose per la proprietà assorbente intrinseca del riso. Per esempio in abbinamento al Grana Padano, abbassa la salinità ma allunga la percezione di cremosità del formaggio (piccola curiosità: il Grana Padano inoltre viene considerato l’alimento più umami della nostra cucina). 

Selezioni di Sake di Marco Massarotto e interpretazioni della Pasticceria Rovida di Milano

  • Mizubasho Junmai Ginjio Dry – sake sparkling – con Bavarese al basilico e limone con pere caramellate

Fermentazione lenta, leggera la percezione delle bollicine, secco e floreale. La nota di pera caratterizza la bevanda. Ananas e note più evolute sul finale. Per quanto riguarda l’abbinamento, la persistenza del basilico è molto difficile da controbilanciare. Sicuramente la percezione di grassezza del dolce viene bilanciata e la bocca rimane pulita, ma l’aroma di basilico persiste. 

  • Sanuki Cloudy Nigori – sake non filtrato – con Gelée di mela, limone e lavanda

Colore non filtrato e tendente al bianco latte. Il naso è elegante nel complesso, note vegetali e note fruttate si uniscono, prugna e aromi di fermentazione. Al gusto è più acido. Elavata percezione lattica sia al naso che al gusto. Abbinamento con il gelèe vincente. Giocoso e bilanciato sull’acidità. 

  • Hakkaisan Yukimuro Sannen Chozo Junmai Daiginjo – invecchiato 3 anni in nevaia – con cioccolato al latte 38% di cacao, quinoa e cereali soffiati, cremoso al mango e noci pecan

Sake invecchiato tre anni con maggiore complessità a livello di percezione alcolica e sensoriale. Colore trasparente, rimane più rotondo nel complesso. Note evolute al naso e percezione più morbida al palato. Abbinamento abbastanza in linea come corrispondenza olfattiva tra gli elementi in abbinamento e finale di bocca pulito. Alcune percezioni del dolce venivano portate via dal sake e viceversa. 

  • Fukumitsuya Momotose Junmai – invecchiato 5 anni – con frolla al cacao, castagne, cioccolato e funghi

Prodotto nel sud del Giappone ha subito 5 anni di invecchiamento. Colore dorato, sentori ossidati e di miele al naso. In bocca pervade la sensazione del miele e di propoli. Nell’abbinamento si passa dalla persistenza del cacao, alla percezione del koji, alle castagne. La sensazione “terrosa” del fungo si perdeva un pò. La struttura della bevanda e del dolce si percepiscono, la bocca rimane pulita.

  • Gozenshu Yuzushu sake – aromatizzato allo yuzu – con panettone con zenzero

Colore giallo opaco. Cedro, limone, bergamotto, tutti i sentori che rimandano alla yuzu. Un sake aromatizzato dove l’impronta dell’agrume infuso è prevaricante. Si percepiscono anche delle note speziate. Abbinamento per similitudine, “candito su candito”. Panettone di ottima qualità, la sua aromaticità si bilancia con la persistenza del sake, nonostante sia l’abbinamento in cui il sake prevarica di più sul dolce. 

  • Kozaemon Umeshu sake – aromatizzato alla prugna “ume” – con tortello fritto alla crema pasticciera al pecorino e miele di clementine calabresi

Colore trasparente. La percezione tipica della prugna ume evidenza l’olfatto e l’assaggio. Al gusto è acido e quasi tannico. Si aggiunge anche una nota ferrosa e di prugna rossa. Finale dolciastro. Nel complesso lega bene, sgrassa la bocca e risulta fine come abbinamento. 

  • Shoku Takenenishiki Junmai – servito a 50°C – con semifreddo di ricotta di pecora, fichi e mandorle grezze

Colore trasparente. La percezione alcolica è esaltata dalla temperatura di servizio. I sake quando vengono serviti caldi assumono una funzione di ristoro durante le fredde temperature oppure per specifici abbinamenti. La percezione umani è esaltata sia all’olfatto che al giusto. L’abbinamento, basato sul gioco di temperature, non ha esordito l’effetto sperato a causa di un controllo di temperature. Nel complesso rimane un connubio interessante da provare, secondo anche i gusti del relatore, Marco Massarotto, che per abitudine abbina il gelato al sakè caldo.

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Da sinistra a destra sake in degustazione

 

credit photo: immagine di copertina realizzata con AI