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Cinque visionari del vino italiano

Franz Haas, Graziano Prà, Jermann, Pojer e Sandri e Walter Massa, Svitati di nome e di fatto, hanno coniato una loro breve presentazione: “Svitiamo piano per far molto rumore, ti imbottiglio buono, ti svito ancora migliore…”

Un nuovo incontro, tenutosi a marzo di quest’anno, ci ha dato maggiori elementi per apprezzare gli effettivi vantaggi di questa chiusura. Oltre alla presentazione di un amico de Gli Svitati, seguono le tre motivazioni principali portate avanti dal gruppo, seguita da un profilo dei cinque protagonisti.  

L’idea di fare squadra tra di loro, tutti amici di vecchia data, nacque da una degustazione comparativa a Brescia nel 2021. Non molto tempo dopo, tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, il progetto Svitati ha finalmente preso vita, trovandoli convinti che questo sia il momento storico giusto per parlare del tappo a vite senza preconcetti. La presentazione ufficiale del gruppo è avvenuta il 6 marzo 2023 a Villa Sorio di Gambellara, in provincia di Vicenza.

Peraltro le basi del gruppo erano già state poste già negli anni ’80, quando le cinque cantine hanno iniziato a riflettere sul possibile utilizzo di altre tipologie di chiusure.

Il loro sguardo pionieristico si era inevitabilmente spostato verso le nuove frontiere del vino che in quel momento già si stavano facendo largo negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda. Anni di viaggi, degustazioni, confronti e giri di vite, fino ad arrivare al tappo a vite, che le cinque cantine, con i loro iconici protagonisti hanno identificato quella che ritengono la soluzione ottimale per preservare il lavoro svolto in vigna e in cantina.

Accanto alle cinque aziende in questa nuova presentazione abbiamo trovato anche “un amico degli Svitati”, Sergio della cantina Ettore Germano di Serralunga d’Alba. È tra le poche in Italia a portare avanti da alcuni anni diverse sperimentazioni tra cui un Barolo imbottigliato con tappo a vite, oltre a quelle intraprese sul suo noto Riesling Herzu. Lo abbiamo degustato del millesimo 2016, chiuse con il tappo sughero e tappo vite, trovando quella del sughero più evoluta, con note di idrocarburo più spinte rispetto all’altro.

L’evento di quest’anno è stato ospitato nello showroom di Baldassare Agnelli, noto produttore di pentole e casseruole, oltre ad avere come partner Guala Closures, leader mondiale per la produzione di tappo a vite nel mondo.

Tre domande agli Svitati

Perché il vino chiuso con il tappo a vite è più buono?

Il tappo a vite è in grado di preservare al meglio il vino, mantenendo quelle qualità organolettiche tanto ricercate e protette dai cinque Svitati. Oltre ad evitare spiacevoli alterazioni nel gusto e nel profumo, permette una sigillatura perfetta, un’evoluzione corretta e una migliore conservazione.

Perché è più rispettoso?

Il tappo a vite permette di avere una omogeneità qualitativa delle bottiglie, anche quando si stappano vecchie annate. Elimina inoltre il problema delle bottiglie fallate, diventando un segno di attenzione verso coloro che se ne verseranno un calice, ma anche per tutti i professionisti coinvolti nella filiera. 

E poi il tappo a vite è realizzato in alluminio, un materiale completamente e facilmente riciclabile, per essere rispettoso anche verso l’ambiente. 

Perché è più comodo?

Il tappo a vite è facile da aprire e facile da chiudere, permettendo al vino di mantenere una conservazione ottimale anche dopo la prima apertura ed essere perfetto fino all’ultimo calice.

I cinque Svitati

Franz Haas

Franz Haas non è solo una cantina, è una grande famiglia formata dalle molte persone che hanno preso in mano la forte eredità lasciata da Franziskus alias Franz, scomparso prematuramente a febbraio dello scorso anno.

Della continua e instancabile ricerca della perfezione ne ha fatto una filosofia di vita, tramandata alla squadra che oggi porta avanti i suoi insegnamenti, a partire da Luisa che ha contribuito dalla fine degli anni ’80 a fare crescere la Franz Haas assieme a lui. 

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Franz Junior Haas

Il figlio Franz Junior è al suo fianco e in cantina il suo lavoro è seguito da una giovane squadra capeggiata da Stefano Tiefenthaler, figlio d’arte in cui Franziskus aveva riposto la sua fiducia.  Il suo spirito innovatore ha portato la cantina verso nuovi orizzonti del “fare vino”: dall’estirpo agli inizi degli anni ’80 delle pergole per sostituirle con i primi impianti a guyot, fino all’allevamento di vitigni a 1150 metri di quota, tra i più alti dell’Alto Adige, intuendo l’unicità delle caratteristiche che avrebbero portato nel calice, fino al tappo a vite, frutto di trent’anni di ricerca.

L’eredità che Franz il settimo ha lasciato è un Alto Adige alla costante ricerca della perfezione e che vede nel tappo a vite la chiusura ideale affinché  i giorni e le notti che dedichiamo al nostro lavoro, si concludano sempre con un vino all’altezza del nostro impegno e delle nostre aspettative. Questo è il mio cerchio perfetto, dalle viti fino all’ultimo giro di vite”.

Graziano Prà

Graziano Prà è un uomo di vigna, che ha scelto di percorrere la sua strada nel mondo del vino con impegno, passione e sincerità. Dai primi ettari tra le colline del Soave fino agli appezzamenti nella parte più alta e fresca della Valpolicella, Graziano ha scelto di votare la sua viticoltura a una celebrazione e valorizzazione del suo territorio, perché “un vino non può essere grande se non sa raccontare il terroir in cui nasce”. 

Da autentico vignaiolo ha scelto fin dal principio di produrre i suoi vini a partire da sole uve autoctone, allevate con cura e in regime biologico, lavorando con basse rese e in modo scrupoloso dal vigneto al calice. Nascono così vini pregiati e che lui ama definire gastronomici, perché celebrano la convivialità e la cultura della condivisione, del sedersi insieme attorno a un tavolo come si fa ogni giorno nella sua cantina. Per molti anni Graziano ha cercato la migliore soluzione a supporto della longevità delle sue eccellenti etichette ed è stato uno dei primi a intuire le grandi potenzialità del tappo a vite.

Oggi imbottiglia in questo modo tutta la linea dei suoi Soave, compresi i grandi Cru, e il Valpolicella, ma punta a estenderlo presto anche al Valpolicella Superiore perchè “credo nella vite, anche quando si tratta del tappo”.

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Walter Massa e Graziano Prà

Walter Massa

Genio e sregolatezza, Walter Massa è il pioniere della viticoltura sui Colli Tortonesi e un visionario nel mondo del vino italiano.

Negli anni ’70 prende le redini dell’azienda familiare e, in un momento in cui tutti i produttori locali si rivolgevano all’uva Cortese, ridà vita al Timorasso e al suo territorio, recuperando questo vitigno dimenticato e facendone un portabandiera dell’area di Derthona. A questo bianco ha affiancato negli anni non solo svariati Cru provenienti da più parcelle e vigneti, ma anche grandi etichette di rossi provenienti da Barbera, Croatina e Nebbiolo.

Oggi Walter chiude la maggior parte dei suoi vini con tappo a vite perché “In vigneto così come in cantina usiamo la massima attenzione per produrre vini puliti, nella vita di tutti giorni usiamo tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione. Perché per tappare una bottiglia dovrebbe essere diverso? Abbiamo a disposizione una chiusura moderna, che rispetta il vino e i consumatori e che ne mantiene perfetta la conservazione. Usiamola!” – E agli scettici del tappo a vite risponde “Lasciamo parlare il vino”.

Jermann

Quella di Jermann è un’azienda storica fondata nel XVIII° secolo, ma è negli anni ’70 che subisce una svolta epocale grazie al nipote Silvio Jermann. Un vignaiolo visionario, che dopo un’esperienza in Canada ha scelto di dedicarsi a vini fatti di testa sua, secondo la sua indole avanguardista.

Vintage Tunina nasce negli anni ’70, quando parlare di “blend” sembra infrangere un tabù. Eppure Jermann immagina e crea un uvaggio inedito, assemblando uve di Sauvignon, Chardonnay, Malvasia Istriana, Ribolla Gialla e Picolit. Nasce così Vintage Tunina, che nel 2016 viene giudicato il più grande vino bianco italiano nel mondo.

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Silvio Jermann

Da innovatore ma pragmatico Silvio si domanda allora “Cosa succede se rompo un altro tabù e sigillo con una capsula a vite una bottiglia del mio migliore vino?” Ed ecco che il tappo a vite rende Vintage Tunina, e poi gli altri vini firmati Jermann ancora più “svitati”. Oggi Jermann è a Ruttars, nel cuore di Dolegna del Collio (GO), dove produce vini che rappresentano al meglio la qualità e le caratteristiche di questo territorio. 

Pojer e Sandri

Produrre vino di gran pregio da vigneti tra la Valle dell’Adige e la Valle di Cembra sembrava un progetto di difficile realizzazione. Eppure proprio qui, sulla collina di Faedo, Fiorentino Sandri aveva ereditato due ettari dal padre e decide di investirvi insieme all’amico di una vita, Mario Pojer. 

Nel 1975 nasce qui l’azienda agricola Pojer e Sandri: due giovani con idee chiare, molto coraggio e il sogno di produrre un vino dove la chimica non è ammessa, dove tutto deve seguire un filo logico verso la purezza assoluta. Oggi questo sogno è realtà e, tra Cembra e Grumes, Pojer e Sandri coltivano vigneti di montagna nel pieno rispetto della natura trentina, in un luogo unico caratterizzato da lunga irradiazione solare, terreni calcarei e dalla brezza dell’Ora del Garda. L’innovazione da sempre perseguita in cantina si ritrova anche nell’uso del tappo a vite. 

A livello tecnologico abbiamo sempre guardato avanti, tanto da brevettare una pompa peristaltica e una pressa per pressare in assenza di ossigeno. Un’attenzione maniacale fino all’imbottigliamento con relativa chiusura della bottiglia. Continue sperimentazioni, degustazioni di confronto, molti scambi di informazioni e bottiglie con i colleghi, non tutti svitati, ci hanno portato alla chiusura più performante, neutrale, sostenibile, pratica”.

Giovanna Moldenhauer