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Maria Ida di Villa Matilde Avallone 

Il nostro primo incontro con Maria Ida Avallone, e le etichette più rappresentative della cantina di famiglia, risale ormai all’aprile del 2012 dove lei era presente a un evento del Seminario Luigi Veronelli dedicato a quelle aziende vinicole italiane che, pur con storie e profili diversi, hanno contribuito in tanti territori alla positiva rivoluzione che ha coinvolto il vino italiano nell’ultimo quarto di secolo. Già allora avevamo percepito il carisma di Maria Ida e l’intensa passione trasmessale dal padre fondatore di Villa Matilde. Ci siamo ritrovate in svariate occasioni, sia a Milano così come in Campania, soprattutto nel corso dell’ultimo anno, dove a maggio siamo stati in visita proprio nell’Ager Falernus a Cellole, dove la sua e la loro storia di famiglia ha avuto inizio.

Villa Matilde e Ager Falernus 

Maria Ida Avallone è figlia, con suo fratello Salvatore, dell’Avvocato Francesco Paolo Avallone. Il padre, appassionato cultore di vini antichi, incuriosito dalla lettura dei racconti di Plinio e dai versi di Virgilio, Marziale e Orazio, decise negli anni ’60 di riportare in vita l’antico Falerno, il vino più famoso della letteratura classica latina, detto per questo degli imperatori, per il suo pregio e la sua importanza. Così nel 1965, nella zona al confine tra Campania e Lazio, compresa tra il monte Massico, il fiume Savone, le pendici del vulcano spento di Roccamonfina, nella fascia di terra conosciuta anticamente con il nome di Ager Falernum, prese vita a Cellole, in provincia di Caserta, Villa Matilde. 

Il suo fondatore, coadiuvato da un gruppo di ricercatori universitari, riuscì non solo a individuare le varietà di uva di Falanghina (gli studi scientifici hanno determinato che fosse del biotipo Falerna) così come di Aglianico (cioè l’antico Hellenico), con cui si producevano ai tempi degli antichi romani i vini, ma anche a rintracciare pochi ceppi di quelle viti, dirette discendenti delle varietà coltivate nell’Ager Falernus oltre 2.500 anni addietro. Così le viti del Falerno, sopravvissute miracolosamente alla devastazione della fillossera di fine ‘800, complice il terreno vulcanico della zona, vennero reimpiantati, con l’aiuto di pochi contadini locali, proprio nel territorio del Massico dove erano prosperate in antichità.

Severus, fortis, ardens

Qui, lungo le pendici del vulcano di Roccamonfina, si trovano ancora oggi le tenute di San Castrese e Parco Nuovo che si estendono per oltre 110 ettari, di cui 70 vitati. Un territorio in cui si mescolano, in un delicato equilibrio, note minerali, dovute alla natura vulcanica dei terreni, note marine e salmastre, oltre a godere di un microclima unico, favorito da una catena montuosa che protegge i vigneti dalle aggressioni del vento e dal freddo. Ancora oggi si producono dalla Falanghina, vitigno a bacca bianca divenuto emblema della regione, il Falerno Bianco, il Vigna Caracci che presentiamo di seguito e lo Spumante Mata. Da Aglianico, con un 20% di Piedirosso, si ottiene invece il Falerno Rosso. 

Di questo vino Virgilio, nelle Georgiche scriveva “Nec cellis ideo contende Falernis” ovvero “perciò non gareggiare con il Falerno”. Viene prodotto anche il suo cru Vigna Camarato dalle due stesse varietà di uve.

Oggi il percorso di recupero del “Severus, fortis, ardens” continua con Maria Ida e il fratello Salvatore che, con dedizione esclusiva, proseguono il sogno e il progetto del padre. 

Villa Matilde_testo7 Maria Ida e Cristina

Cristina De Simone e Maria Ida Avallone

Ma non solo è entrata in azienda Cristina De Simone, figlia di Maria Ida, enologa e pupilla di Riccardo Cotarella, incontrata in Campania in occasione dell’inaugurazione di Campania Stories. Inoltre i due fratelli, alla guida dell’azienda di famiglia, hanno anche incrementato l’eredità paterna, spingendosi fino alle province di Benevento e Avellino con la Tenuta Pietrafusa. Inaugurata nel 2004 si estende nella provincia di Avellino con oltre 25 ettari vitati nel distretto delle Docg irpine Greco di Tufo, Fiano di Avellino e Taurasi. Le pendenze notevoli, l’ottima esposizione, le escursioni termiche, la natura tufacea dei terreni e la ricchezza di argille conferiscono ai vini lì prodotti un carattere deciso e una spiccata personalità.

“Il Falerno – conclude Maria Ida – per mio fratello Salvatore e me rappresenta non solo un vino ma la storia stessa della nostra famiglia che da generazioni ha scelto di dedicarsi alla sua rinascita e valorizzazione. È il nostro orgoglio perché attraverso questo nettare siamo riusciti a far si che una grande terra potesse riappropriarsi delle proprie antiche origini e continuare a splendere”.

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Villa Matilde Avallone

Vigna Caracci 2018

Prodotto solo nelle migliori annate con uve di Falanghina del biotipo Falerna, raccolte dell’omonimo vigneto, uno dei più vecchi e meglio esposti della località di San Castrese, sito alle falde del vulcano spento di Roccamonfina. 

Durante la vinificazione in affinamento una parte del vino fa batonnage a contatto con le fecce nobili nelle anfore per un periodo di circa 3 mesi, un passaggio che permette di ampliare lo spettro olfattivo, durante la degustazione. Esordisce nel calice con un colore giallo paglierino intenso dai riflessi dorati, per poi avere profumi davvero complessi da un caratteristico di fiori di limone a sinfonie di mela, pera Williams, poi banana, ananas, a cui seguono note di nocciola tostata, burro di cacao, vaniglia e ancora da un lieve sentore di muschio, da soffi iodati e minerali ottenuti dal contesto vulcanico del terreno, per chiudere nel finale tra note di eucalipto e aghi di pino. All’assaggio ha un sapore pieno, vellutato, è decisamente elegante, di indubbia persistenza, con nel retrogusto note fruttate e minerali. Un vino che è senza dubbio un alfiere dell’Ager Falernus.

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Villa Matilde Avallone, Falerno del Massico Vigna Caracci 2018

 

 

credit photo: Sandro Michahelles , Anna Ciotola e Villa Matilde Avallone

Giovanna Moldenhauer